The importance of words (songs of love, anti-capitalism and mental illness) è l’album di debutto di Solo

L’album è un mix di generi che mira alla sperimentazione con inaspettati cambi di registro che abbracciano art rock, psichedelia, grunge, punk, elettronica, pop e alternative rock.

Esce il 16 marzo 2024 “The importance of words (songs of love, anti-capitalism and mental illness)”, album d’esordio di SOLO, un mix di influenze in cui si bilanciano sperimentazione e orecchiabilità, tematiche sociali e testi più intimi e riflessivi.

«Le tematiche principali trattate in “The importance of words (songs of love, anti-capitalism and mental illness)” sono di sicuro di carattere politico-sociale, in particolare legate a quella che è la nostra società dei consumi, di un libero mercato incontrollato, di un capitalismo preponderante che influenza le nostre vite. E non di certo in maniera positiva. Influenzato dalla letture di Pier Paolo Pasolini, Naomi Klein, Noam Chomsky, Solo è sempre stato molto critico verso la società e di come questa ci influenzi, anche nel nostro profondo: le “mental illness” del titolo sono dovute in buona parte anche a come i costrutti sociali che ci impongono e ci auto-imponiamo ci influenzano. Quindi è tutto collegato. Anche il modo in cui proviamo amore, a chiudere il cerchio».

SOLO è un progetto che spazia fra i generi: la psichedelia lascia spazio al grunge, passando per l’indie pop, l’art rock, lo shoegaze, l’elettronica, marce bandistiche, musica concreta.

Il filo conduttore fra i brani è dato dalla sperimentazione (in particolare sui suoni, grazie ad un uso massivo dell’effettistica) e dall’insofferenza verso la società odierna, in cui viviamo.

SOLO ha pubblicato, ad ora, 5 singoli: “Stati emozionali” (brano in binaurale composto con soli oscillatori sinusoidali, generatori di rumore bianco e filtri, ispirato dall’elektronische musik di Karlheinz Stockhausen, è stato lanciato in anteprima su It’s Psychedelic, Baby e trasmesso all’interno di “Battiti”, su Radio 3 RAI), “Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” (brano che affonda le proprie radici nella psichedelia inglese della seconda metà degli anni ‘60, è stato lanciato in anteprima esclusiva su Prog UK), “Something (you don’t need)” (brano che miscela dream pop, indie pop, dance ed elettronica, lanciato in anteprima esclusiva su Post-Punk.com), il brano grunge/punk “Propaganda in my eyes, again (you’re erased)” (lanciato in anteprima esclusiva su The Spill Magazine) e “Summer fading (late love song)”, canzone in bilico fra dream pop, shoegaze e alternative rock (lanciata in anteprima esclusiva su La Stampa).

LE CANZONI

The importance of words
(songs of love, anti-capitalism and mental illness)
descritto da

Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)

Ispirata tanto dai Rolling Stones di “Their Satanic Majesties Request” quanto dai Beatles di “Revolver” e i Pink Floyd di Syd Barrett, “Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” è un brano rock psichedelico che parla di allucinazioni e disturbi dissociativi. Pregna di suoni estranianti ispirati dal brano “Mangiafuoco” di Edoardo Bennato e da “Tomorrow Never Knows” dei Beatles, “Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” vanta un inciso di ebow “3D” in binaurale da poter maggiormente apprezzare tramite l’ascolto in cuffia.

“Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” su YouTube

Summer fading (late love song)

Canzone che si interroga su cosa sia l’amore, e su come questo sentimento venga percepito e cambi durante gli anni che passano, da bambini ad adolescenti ad adulti, “Summer fading (late love song)” è un brano cangiante che, ad ogni fase della vita narrata dal testo fa corrispondere un arrangiamento diverso, pur restando un brano dalla classica forma strofa-ritornello-strofa (un po’ come accade in “Strawberry fields forever” dei Beatles). Si passa da un dream pop iniziale (infanzia) allo shoegaze con l’ingresso di batteria e basso (adolescenza), fino all’alternative rock dell’interludio e della parte finale (età adulta). Le influenze sono tanto da ricercare nei Muse quanto nei Pink Floyd e nei Radiohead.

“Summer fading (late love song)” su YouTube

Hypocrisy (it’s all I see)

In bilico fra momenti di calma e altri di tensione, “Hypocrisy (it’s all I see)” è un brano che potremmo accomunare ad alcune produzioni grunge più legate alla psichedelia, con un cantato a tratti violento e aggressivo, altre più delicato, sempre malinconico. La tematica è rivolta a come spesso, soprattutto negli ultimi tempi, vi sia una banalizzazione nell’affrontare ogni tematica sensibile relativa all’ecologia, all’integrazione, puntando il dito sempre nella direzione sbagliata, sempre a favore dello status quo, mai a criticare un sistema economico per cui io consumatore non voglio rinunciare a ciò che la società dei consumi mi ha insegnato a desiderare, anche se ciò che ho imparato a desiderare è proprio il motivo per cui le cose che critico (cambiamento climatico, sfruttamento del lavoro) avvengono.

What’s the topic of the day? (forget the rest)
feat. Alidavid

Con l’avvento di internet pensavamo (ci illudevamo che) ci sarebbe stata una pluralità dell’informazione che avrebbe portato a una maggiore consapevolezza, da parte di tutti. Con l’avvento dei social ogni tipo di voce contro il sistema è stata ammutolita, soffocata dal marasma di messaggi che giornalmente ci vengono propinati, e a cui pare bisogni essere attivamente partecipi, altrimenti ci si sente tagliati fuori dal dibattito. E così nascono topic giornalieri, usa-e-getta come tutti i prodotti della società dei consumi, in modo che si parli di tutto e di niente, senza mai andare a fondo alle questioni ma passando subito al prossimo tema di dibattito, dimenticandosi del precedente senza averlo risolto o quanto meno affrontato, in un continuo presente. “What’s the topic of the day? (forget the rest)” è pensata come una finta pubblicità, dove viene venduto (torniamo alla società dei consumi) un prodotto chiamato Topic Of The Day. Il tono è quello della propaganda degli anni ‘40, uno spoken word (magistralmente interpretato da Alidavid) con tanto di sottofondo bandistico, una melodia accogliente e rassicurante, a tratti esaltativa, per invogliare all’acquisto del prodotto.

Propaganda in my eyes, again (you’re erased)

Ancora grunge. Ma questa volta di quello sporco, di estrazione punk. Il grunge dei Mudhoney e dei Nirvana di “Bleach”. E se “What’s the topic of the day? (forget the rest)” puntava il dito su come tutti sentiamo il bisogno compulsivo di dover dire la nostra rispetto a qualsiasi argomento, pur non avendolo analizzato a fondo, “Propaganda in my eyes, again (you’re erased)” parla proprio di come dall’alto veniamo influenzati in tutto quello che diciamo e pensiamo di pensare, anche quando gli argomenti trattati sono di natura nobile: il potere ha imparato che censurare non serve a nulla, ma è molto più efficace portare il dibattito a livelli banali, in modo che ci sia la percezione diffusa che le persone, i politici, persino gli imprenditori, si interessino di determinate tematiche, ma mantenendo un perpetuo status quo garantito dal fatto che non si affrontino mai, realmente, le problematiche di cui si dibatte; dal fatto che non si punti mai il dito verso le reali cause che portano alle storture presenti nella nostra società.

“Propaganda in my eyes, again (you’re erased)” su YouTube

Something (you don’t need)
feat. Nobody

Canzone che miscela indie pop e dream pop con accenni alla dance e all’elettronica stile Daft Punk, “Something (you don’t need)” si sviluppa come un discorso a due voci dove la mia si intreccia con quella di Nobody, a volte attuando un gioco di risposte, altre armonizzando, altre accavallandoci a coprirci l’un l’altra, “costringendo” l’ascoltatore a decidere chi “seguire”: “The importance of words”. “Something (you don’t need)” è un altro brano dove al centro dell’attenzione c’è la società dei consumi e di come questa ci influenza, in questo caso rispetto allo spasmodico bisogno di dover apparire sempre fisicamente perfetti, in un perpetuo gioco dove il sottinteso è quello di infondere nelle persone l’idea malata di non essere mai all’altezza delle aspettative, in modo da infondere insicurezza negli individui. Del resto, non c’è miglior consumatore di una persona insicura, che colma le proprie insicurezze acquistando ciò che la società gli suggerisce possa migliorare il proprio status; senza tralasciare il fatto che una persona insicura sarà, in generale, più facilmente soggiogabile e controllabile, a tutti i livelli.

“Something (you don’t need)” su YouTube

Emotional (e)states

Brano strumentale composto tramite l’utilizzo di oscillatori sinusoidali, generatori di rumore bianco e filtri, per sintesi additiva e sottrattiva, “Emotional (e)states” prende spunto dalla elektronische musik e, in particolare, da alcuni lavori di Karlheinz Stockhausen. Brano in binaurale, pregno di suoni che si spostano spazialmente, è consigliato l’ascolto in cuffia per un’esperienza 3D.

Look out (consumerism will consume you)

Forse il più ambizioso dell’album, “Look out (consumerism will consume you)” è un brano che potremmo definire art rock. Vicino ai Radiohead più chitarristici, è la canzone che dà il titolo all’album (tratto dal verso “I don’t understand now and no more the importance of words”). Siamo su territori art rock, dove la melodia incontra il rumorismo, sempre guardando al rock psichedelico. Il testo, pregno di nonsense, vuole comunicare la confusione che si può creare nella mente in una persona quando accerchiato dai troppi stimoli (negativi) con cui la società dei consumi ci bombarda perennemente, fino alla perdita di senso delle parole, che porta all’incomunicabilità.

It’s propaganda time! (rejoice!)

Altro brano in binaurale, dove i suoni “attorniano” vorticosamente l’ascoltatore, “It’s propaganda time! (rejoice!)” è un brano di musica concreta ispirato ai lavori di Pierre Schaeffer. Legato al brano precedente che lo anticipa, come fossero un unico corpo, insieme anche al successivo “In the end (nothing matters)”, “It’s propaganda time! (rejoice!)” riprende il medesimo concetto espresso in “Look out (consumerism will consume you)”, dell’individuo bombardato da troppi messaggi coercitivi. Il brano è composto da jingle pubblicitari di aziende poco etiche, riprodotti in reverse, in un crescendo rumoristico che conduce all’ultimo brano dell’album.

In the end (nothing matters)

“You get confused, I know, when they are bombing you with so much shit”: con questa frase, “In the end (nothing matters)” chiude questo trittico di canzoni dedicate a come la società ci influenza e ci confonde, puntando alla nostra depersonalizzazione, alla nostra alienazione. E chiude anche l’album, con un brano corto e ossessivo, che ci riporta al rock psichedelico anni ‘60 dell’inizio, con una chitarra acustica ridondante e una voce ultra-effettata, fra leslie, filtri, riverberi, delay, vibe e phaser. Alla fine, nulla è importante.

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  • Autore: Gloria Berloso

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