settembre 25, 2023

L’abuso di potere – Le canzoni di protesta e politiche – Nona parte audio video

Esistono tante verità che possono coesistere perché siamo tutti esseri umani, uguali. Ma allo stesso tempo, diversi.

Peter Gabriel

“Le canzoni di protesta e politiche” raccontate da Gloria Berloso è un progetto culturale indipendente, senza scopo di lucro e gestito volontariamente senza percepire nulla in cambio. Il progetto è volto alla ricerca, allo studio e alla memoria di canzoni di protesta e politiche di tutto il mondo. I contenuti sono pubblicati sul sito YouTube, sono controllati accuratamente dietro copyleft e possono essere riprodotti se i proprietari lo consentono. Non sono rivolti ai bambini. Gli autori dei canti sono citati sempre e possono reclamare diritti sui testi qualora lo ritengano necessario. Nel caso di autore sconosciuto la denominazione può essere: anonimo o tramandato. La natura del progetto è di carattere storico culturale, assolutamente non commerciale. Tutti i canti presentati sono stati precedentemente pubblicati ed è degli autori la responsabilità del loro contenuto. Lo scopo del progetto è di raccontare le canzoni, la loro origine, il loro significato attraverso eventi storico politici, di guerra, di lotte operaie, studentesche, di genere, ecc.

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Autore: Gloria Berloso

settembre 22, 2023

Madame Guitar – Incontro con Nibs Van Der Spuy

Per chi ha avuto il piacere di conoscerlo sa già che Nibs Van Der Spuy è una legenda afro europea. Per chi invece non l’ha mai sentito, stasera al Teatro Garzoni di Tricesimo, avrà modo di capire la bellezza di questo interessante artista sudafricano, che vive anche a Lisbona in Portogallo.

Dal primo istante ho capito che Nibs è una persona di straordinaria cultura musicale. La sua vita è un incrocio importante di culture che ne valorizzano sia il linguaggio (parla inglese, portoghese, italiano, afrikaans, zulu) per comunicare con il mondo – sia quello della Musica attraverso i suoi strumenti a pizzico e la sua voce armoniosa.

Nibs Van Der Spuy

Nibs ha pubblicato una decina di dischi tra il 2000 e il 2013, impegnando molto tempo in studio e per la distribuzione sul mercato. Un lavoro impegnativo l’ha compiuto con il suo ultimo lavoro più recente, in italiano “La fanciulla del fiume” e l’insegnamento della Storia della Musica all’Università. Ma il suo amore per la chitarra lo vuole soprattutto protagonista in concerti che hanno registrato il tutto esaurito come per esempio a Londra in ottobre 2023. Credo che anche in Friuli tutte le poltrone disponibili saranno occupate da un pubblico internazionale, quindi vi consiglio di prenotare il vostro posto.

Programma Madame Guitar 2023 e informazioni

Autore: Gloria Berloso

settembre 21, 2023

Omaggio a David Crosby con Jeff Pevar & Inger Nova con la partecipazione di Anthony Basso, autore del più bel omaggio a Woodstock mai ascoltato in Italia.

David Crosby era nel bel mezzo di una telefonata a Bob Dylan quando Henry Diltz catturò questa immagine iconica. Diltz è stato il fotografo ufficiale di Woodstock e il suo lavoro è apparso su Life Magazine.

Essendo egli stesso un musicista, Diltz ha avuto un accesso impareggiabile ad alcuni dei più grandi nomi del rock, contribuendo spesso alle parti vocali e al banjo dei loro album quando non era dietro l’obiettivo.

Per Jeff Pevar, suonare con Rickie Lee Jones ha rappresentato il punto di svolta nella sua carriera di musicista. Grazie a Michael Ruff, amico di vecchia data, Jeff è stato a lungo in tour con Rickie Lee e quella visibilità ha contribuito ad aprire le porte ad altri contatti. Da quel momento, Jeff ha iniziato a collaborare – in studio e dal vivo – con un gran numero di artisti straordinari: Crosby, Stills & NashDonald Fagen (Steely Dan), Tommy EmmanuelJames TaylorMarc CohnRay CharlesJoe CockerDr. JohnCarly SimonWilson PickettPhil Collins e moltissimi altri. In particolare, insieme a David Crosby e James Raymond, ha dato vita a CPR, band con la quale ha realizzato tre album, che rappresentano alcuni dei capitoli più interessanti della discografia del cantautore californiano.

Oltre ad essere un chitarrista strepitoso, Jeff è un compositore ed un brillante produttore. Nel 2012 ha pubblicato “From The Core”, disco di debutto come solista con la partecipazione di Jon Anderson degli Yes sul singolo “River Of Dreams”. Nel 2015, insieme alla band Jazz is Dead – con la quale collabora dal 2001, ha realizzato “Grateful Jazz”, un album di cover strumentali dei Grateful Dead. Dal 2016 fa parte della New York Blues Hall of Fame. Nel 2019, è uscito l’EP “Anthem”, realizzato insieme a Inger Nova Jorgensen, cantante e cantautrice, nonché una affermata scultrice e pittrice: un’artista a tutto tondo. Inger è anche la voce e l’autrice delle canzoni del progetto funk e R&B, Lovebite.

Attualmente in tour con il progetto The Gilmour Project, una all-star band che rivisita la musica di David Gilmour e dei Pink Floyd, dalla fine di settembre Jeff sarà in tour in Italia con Inger Nova.

A Precenicco (Udine) nel bellissimo teatro comunale il 30 settembre 2023 alle 20:45,
Jeff Pevar e Inger Nova presenteranno un concerto fantastico in omaggio a David Crosby.

Aprirà  il concerto Anthony Basso, autore del più bel omaggio a Woodstock mai ascoltato in Italia.

E poi gran finale…….

Biglietto unico € 10.00

Prenotazioni: 348-8138003, info@folkclubbuttrio.it

Autore: Gloria Berloso

settembre 19, 2023

La battaglia per i diritti civili e le guerre – Le canzoni di protesta e politiche – Settima parte audio video

Joan Baez

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Autore: Gloria Berloso

settembre 18, 2023

E che non vengano a parlare di pace finché si vive in questa maniera – Le canzoni di protesta e politiche – Sesta parte – audio video

Gualtiero Bertelli

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Autore: Gloria Berloso

settembre 16, 2023

Fischia il vento – Le canzoni di protesta e politiche – Quinta parte

Una precisa dichiarazione d’intenti: Noi ad ogni costo ce la prenderemo la Libertà

Nanni Svampa

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Autore: Gloria Berloso

settembre 14, 2023

Viva la libertà – Le canzoni di protesta e politiche – Quarta parte Audio video

Ma se questo è il prezzo, l’abbiamo pagato. Nessuno più al mondo deve essere sfruttato

Paolo Pietrangeli

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Autore: Gloria Berloso

settembre 7, 2023

Il diritto di vivere in pace – Le canzoni di protesta e politiche raccontate da Gloria Berloso – audio video

CILE 1973

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Autore: Gloria Berloso

agosto 25, 2023

Robert Plant in Italia in concerto il 26 agosto a Lignano Sabbiadoro

Appuntamento all’Arena Alpe Adria di Sabbiadoro per tutti gli amanti del Rock

26 agosto 2023 alle ore 21.00

LA VOCE DELLA LEGGENDARIA BAND LED ZEPPELIN ANNUNCIA UNA PERFORMANCE UNICA
PRESENTERÀ IL SUO PROGETTO ACUSTICO SAVING GRACE, IL CUI REPERTORIO ABBRACCIA I SUOI VARIOPINTI GUSTI MUSICALI, DAL FOLK ALLA MUSICA SPIRITUALE E AL BLUES TRADIZIONALE.

È una leggenda vivente della scena musicale mondiale e uno dei migliori cantanti della storia del rock. Nel corso della sua carriera ha venduto più di 300 milioni di dischi in tutti i suoi progetti musicali ed è stato inserito nella Rock & Roll Hall of Fame: Robert Plant, pioniere dell’hard rock con i Led Zeppelin, annuncia un nuovo tour da solista con un imperdibile concerto estivo all’Arena di Lignano (Ud), Friuli Venezia Giulia.

Robert Plant e i Led Zeppelin sono diventati una figura iconica nella storia della musica. Dopo la fine del suo periodo con la band britannica, la sua curiosità artistica lo ha spinto verso altre sonorità, esplorando la musica psichedelica e nordafricana con i progetti solisti Band of Joy e Sensational Space Shifters, e avventurandosi nel mondo del country e del folk con gli album registrati con Alison Krauss. Tutto questo lo ha portato a un progetto acustico, che presenterà dal vivo in Slovenia quest’estate.

Saving Grace vedrà la partecipazione di Robert Plant (voce), Suzi Dian (voce), Oli Jefferson (percussioni), Tony Kelsey (mandolino, chitarra baritona e acustica) e Matt Worley (banjo, chitarra acustica e baritona, cuatro), e ha debuttato all’inizio del 2019 con una serie di concerti a sorpresa in piccoli locali in Inghilterra, Galles e Irlanda, seguiti da un trio di spettacoli nel Regno Unito come supporto agli eccezionali Fairport Convention.

Esibendosi in un ambiente intimo, la band ha eseguito un repertorio di “musica alimentata dal paesaggio onirico delle Marche gallesi”, canzoni che racchiudono i diversi gusti e influenze di Plant, in particolare la sua immensa passione per il folk britannico e americano, la musica spirituale e il blues tradizionale, comprese molte popolari cover di classici perenni di artisti come Doc Watson, Donovan, Moby Grape, Low e altri.




Letter to Robert Plant

A few days ago I recalled a beautiful dream that intrigued me in no small measure, and not only because my dreams always fade away! I painted this one in my mind because you were in the dream. We were together in my hometown, a meeting of two old friends who had known each other for a long time, and in that small town you had seen the movie Donald Duck many years before. In the dream there were no stages or intimate settings but simply Robert and I timelessly talking while walking through the streets of the town. Toward the end of the dream before it stopped you said to me: I will get you a private phone number through my lawyer.

I am trying to give meaning to this dream and to do that I decided to come to a concert of yours because I firmly believe that through music, voice and words one can penetrate into the Soul.

Thank you Robert

Gloria Berloso

luglio 22, 2023

Alan Brunetta, un talento e un coraggio che hanno commosso il mondo intero, ha lasciato questa terra a 37 anni.

E’ molto difficile pensare di dare un addio a un giovane e talentuoso musicista. Ma il destino ha voluto portarsi via anche il nostro Alan Brunetta (già componente della Stanza di Greta) a soli 37 anni, una vita dedicata alla Musica. Con Ricky Mantoan e Paolo Mitton nella foto, Alan lascia una scia di successi personali con colonne sonore originali e stupende. Alan era una persona speciale, splendeva con il suo sorriso ed amava la vita in mezzo alla musica come pochi sanno fare.

Il mio caro amico Alan è nato in una nebbiosa e fredda mattina di novembre del 1985.

Col passare del tempo ha imparato a suonare e, chi lo avrebbe mai detto, si è diplomato e si è laureato al Conservatorio e all’Accademia di Musica Moderna di Torino dove ha insegnato fino alla fine.

Durante il cammino della sua vita Alan ha cercato di fare il musicista professionista a tempo pieno.

E ci è riuscito!

A Milano, insieme a Ricky Mantoan e Leonardo Laviano, Alan ci regalato grandi emozioni improvvisando blues, psichedelica, jazz in un concerto che mi porterò sempre dentro. Grande talento, creatività da vendere per dare al film The Repairman di Paolo Mitton quel tocco magico per far vibrare i nostri sensi.

A Sanremo con La Stanzadigreta, Alan ha innalzato la targa prestigiosa del Premio Tenco per Creature Selvagge (Migliore Opera Prima) con Flavio Rubatto (Theremim, sintetizzatori, harmonium e percussioni), Leonardo Laviano (voce e chitarra acustica), Umbero Poli (chitarra acustica e cigar box) e Jacopo Tomatis (mandolino e sintetizzatori).

Quando nel 2019 mi arrivò la notizia che Alan dovette sottoporsi a un delicatissimo intervento al cervello per asportare un tumore, piansi per una settimana. Ritornai a gioire quando pochi mesi dopo Alan mi telefonò, raccontandomi che mentre lo operavano aveva esaudito il suo desiderio di rimanere sveglio concordando di suonare i suoi strumenti, l’unico modo per non compromettere quella parte del cervello che gli consentiva di creare la sua musica. Alan era inarrestabile e mi sono resa utile alla sua causa. Così è stato pubblicato il CD con le musiche del film The Repairman che è stato dedicato a Ricky Mantoan.

Negli anni successivi ha pubblicato un disco con Lastanzadigreta e la musica per film importanti. Tra pochi giorni uscirà il suo ultimo lavoro, un brano che s’intitola ‘You’ve stopped walking away’ e che è tratto dalla colonna sonora del film ‘The Killing of Billy the Kid’ diretto da Brett Bentman. 

La notizia giunta il 21 luglio 2023 è stata un fulmine a ciel sereno. Non me l’aspettavo.

Non ti dimenticherò mai dolce ragazzo dal vocione roccioso, la tua musica resterà per sempre!

Buon viaggio Alan, vola in alto come le tue note, avvolgi il mio Ricky con la musica celestiale.

Un abbraccio a tutti coloro che gli hanno voluto un mondo di bene.

Gloria Berloso

marzo 30, 2022

WOODY GUTHRIE – LE SUE CANZONI SONO IMPREGNATE DI AMORE VIGOROSO

Abbiamo sempre vagabondato, quel fiume ed io; in tutta la verde vallata lavorerò finché morirò. La mia terra difenderò anche con la vita se necessario, perché i miei pascoli dell’abbondanza dovranno sempre essere liberi.

Di tutte le forme di canzoni che Woody scrisse, di attualità, di protesta, talking blues, ballate e canzoni per bambini, si può dire che tutte sono canzoni d’amore. Non le solite canzoni d’amore che parlano della luna, di baci e di fiori d’arancio ma di un amore vigoroso in cui rientra la gente e la fede in una terra feconda: il riso dei bambini, la dignità del lavoro e la cooperazione, la libertà e l’uguaglianza. Woody odiava le canzoni che ti fanno pensare che non sei buono e odiava le canzoni che ti fanno credere che sei nato solo per perdere. Nessun valore a nessuno perché sei troppo vecchio, o troppo giovane, o troppo grasso o troppo magro o troppo brutto o troppo questo e quell’altro. Odiava le canzoni che deprimono o prendono in giro la gente per la loro sfortuna e le loro difficoltà. Il suo scopo era combattere questi tipi di canzoni fino all’ultimo respiro e l’ultima goccia del suo sangue. Le canzoni di Guthrie ti fanno credere che questo è il tuo mondo anche se hai sofferto e sei stato battuto più di una volta, se hai sofferto malgrado il colore della pelle, la tua statura. Lui amava le canzoni che ti rendono orgoglioso di quello che sei e del lavoro che fai. Le canzoni di Woody sono tutto questo ed era molto convinto di ciò. Sapeva quando arrabbiarsi, quando ribellarsi contro il falso e l’artificioso e non c’era ingenuità nella sua fiducia nell’uomo comune e nel suo odio per i falsi baroni. La sua speranza è stata sempre temperata dalla consapevolezza di quello che fa girare la ruota.

La California è l’Eden, un paradiso sia per viverci che da vedere. Ma credeteci o no, non la troverete così bella se non avete denaro.

Woody Guthrie è stato chiamato il migliore compositore contemporaneo di ballate, il più grande autore di ballate mai conosciuto, l’Omero con la voce di ruggine, colui che ha influenzato l’America quanto Walt Whitman. Ha sempre cantato se stesso e la strada aperta ma il suo se stesso non è mai stato meramente personalistico, né limitato, né egocentrico. Al contrario è stato una moltitudine. Ha sempre ammucchiato le sue immagini una sopra l’altra come un muratore inebriato che costruisce la casa dei suoi sogni.

In Grand Coulee Dam, una delle ventisei canzoni che scrisse nel 1941, c’è questa strofa che non teme confronto con la destrezza di nessun altro poeta folk:

Nello scintillio cristallino e denso di vapori

Della spuma selvaggia e portata dal vento,

Uomini hanno lottato contro le acque ribelli

Ed hanno trovato una tomba d’acqua.

Bene, ha fatto a pezzi le loro barche

Ma ha dato agli uomini dei sogni da sognare,

Sul giorno che la Coulee Dam avrebbe sbarrato

Quella corrente selvaggia e devastatrice.

Alan Lomax un giorno decise di raccontare la storia di Woody Guthrie alla radio e così gli chiese di scrivere un paragrafo sulla sua vita per inserirlo nel testo. Lomax pensò addirittura che Woody non fosse capace di scrivere ma quando a casa sua trovò venticinque pagine dattiloscritte, fitte fitte si perse nella sua prosa, sempre con una grazia letteraria ed originale. Woody raccontò della sua gioventù a Okemah nell’Oklahoma, del suo modo di vedere le cose quando aveva solo due o tre anni, della sua banda, del nascondiglio e delle lotte fra i ragazzi, degli indiani, della corruzione politica e di tante altre cose che descriveva tanto bene da trasfondersi dentro una vita individuale. Da queste pagine nacque poi la sua autobiografia “Bound for Glory”.

L’unica cosa che imparai a scuola fu scrivere velocemente sulla macchina da scrivere! Non credevo ai libri. Ma essere scrittore non è una professione per i tempi che corrono. Con tanta povera gente che gira per il paese senza casa come cani, io dovrei prendere due pistole a tamburo e sparare sulle porte delle banche per dare da mangiare a tutti quanti e costruire loro delle case. L’unica ragione che non mi permette di farlo è la mancanza di coraggio!

Fortunatamente durante uno dei suoi vagabondaggi, decise di scrivere quelle canzoni che dovevano dare all’America uno specchio di se stessa, e a tutti i giovani scrittori di ballate un modello da seguire, un idolo da venerare.

Ascoltare canzoni come Lost Train Blues, suonata con armonica a bocca e chitarra da Guthrie ti fa venire la pelle d’oca. Woody lo sa bene cosa vuol dire treno perduto perché ha fatto più volte il viaggio da una costa all’altra con il treno Red Ball. Non ha mai vissuto in una casa calda oppure lavorato in uffici riscaldati, a Woody interessava guardarsi intorno alla ricerca di uomini e donne dai volti affamati; ha partecipato con gli operai alle marce di protesta ed agli scioperi e si è guadagnato da vivere cantando in tutti i bar e i saloons dall’Oklahoma alla California.

L’altra canzone abbastanza conosciuta, chiamata anche Cannon Ball Blues, è Dirty Overalls ed inizia così:

Lavami la tuta, falla inamidare, devo prendere il treno che si chiama Cannon Ball che va da Baltimora a Washington

Poi ci sono tanti blues delle ferrovie, quei blues che vengono da quelli che camminano lungo i binari e che viaggiano nascosti sui treni merci. Sui binari si salta sulle traversine ma tante volte i ragazzi restano intrappolati ed uccisi dai treni come uno dei suoi cari amici che Woody ricorda in “Walkin’ Down Railroad Line”

aprile 13, 2021

PHIL OCHS, scrittore gentile di canzoni ferocemente attuali in un poeta la cui mente reinventava ciò che i suoi sensi esploravano con passione

Negli anni ottanta ho iniziato ad ascoltare Phil Ochs a casa di un mio caro amico con una grande passione per la musica folk. Dal momento che ho iniziato ad occuparmi sempre più di musica folk, seguendo festival e concerti ho riempito la mia libreria di volumi, discografia e documenti che riguardano soprattutto Phil Ochs. In Italia sono davvero pochi che lo conoscono ed anche alcune improvvisate biografie del cantautore sono lontane dalla realtà. Ho sempre avuto quel senso di giustizia ed ho voluto capire meglio l’importanza di un uomo che si esprimeva attraverso le sue canzoni per lottare contro le politiche del suo paese d’origine.

Pleasures of the Harbor

And the ship sets the sail
They’ve lived the tale
To carry to the shore
Straining at the oars
Or staring from the rail

And the sea bids farewell
She waves in swells
And sends them on their way
Time has been her pay
And time will have to tell

Oh, soon your
Sailing will be over
Come and take
The pleasures of the harbor

And the anchor hits the sand
The hungry hands
Have tied them to the port
The hour will be short
For leisure on the land

And the girls scent the air
They seem so fair
With paint on their face
Soft is their embrace
To lead them up the stairs

Soon your
Sailing will be over
Come and take
The pleasures of the harbor

In the room dark and dim
Touch of skin
He asks her of her name
She answers with no shame
And not a sense of sin

‘Til the fingers draw the blinds
Sip of wine
The cigarette of doubt
The candle is blown out
The darkness is so kind

Oh, soon your
Sailing will be over
Come and take
The pleasures of the harbor

And the shadows frame the light
Same old sight
Thrill has blown away
Now all alone they lay
Two strangers in the night

Till his heart skips a beat
He’s on his feet
To shipmates he must join
She’s counting up the coins
He’s swallowed by the street

Oh, soon your
Sailing will be over
Come and take
The pleasures of the harbor

In the bar hangs a cloud
The whiskey’s loud
There’s laughter in their eyes
The lonely in disguise
Are clinging to the crowd

And the bottle fills the glass
The haze is fast
He’s trembling for the taste
Of passion gone to waste
In memories of the past

Oh, soon your
Sailing will be over
Come and take
The pleasures of the harbor

In the alley, red with rain
Cry of pain
For love was but a smile
Teasing all the while
Now dancing down the drain

‘Til the boys reach the dock
They gently mock
And lift him on their backs
Lay him on his rack
And leave beneath the light

Oh, soon your
Sailing will be over
Come and take
The pleasures of the harbor

And the ship sets the sail
They’ve lived the tale
To carry from the shore
Straining at the oars
Or staring from the rail

And the sea bids farewell
She waves in swells
And sends them on their way
Time has been her pay
And time will have to tell

Oh, soon your
Sailing will be over
Come and take
The pleasures of the harbor

Compositori: Phil Ochs

Quando Phil Ochs registrò Pleasures of the Harbor con il produttore Larry Marks nel 1967, il cantante si era trasformato da uno scrittore gentile di canzoni ferocemente attuali in un poeta la cui mente reinventava ciò che i suoi sensi esploravano con passione. Era la prima volta che lavorava con Marks. Il produttore era determinato a disertare la sterile e spoglia non-produzione che Paul Rothchild aveva fornito ai primi tre album di Ochs, che erano stati registrati per la Elektra. La nuova etichetta, la A&M, così come il cantante stesso, cercò di rendere la musica rilevante per i testi. Con poche eccezioni, questo risultò in una sfortunata ondata di archi e onde di orchestrazione vorticosa che seppellivano il cantante in un tifone di cacofonia. Alcune delle sue migliori canzoni erano rese inascoltabili. Eppure l’album aveva i suoi momenti forti. Phil aveva sentito la storia di Kitty Genovese, la donna di New York che aveva urlato e implorato per la vita mentre i suoi vicini guardavano nell’ombra mentre veniva brutalmente violentata e uccisa. Alcune delle più di due dozzine di persone che hanno assistito alla sua distruzione hanno persino ammesso di aver alzato il volume della loro televisione per soffocare i suoni inquietanti. Ochs rispose con “Outside of a Small Circle of Friends”. Dal punto di vista del testo, i versi della canzone presentano opportunità di esercitare responsabilità sociali e forniscono razionalizzazioni di una riga per ignorarle. Musicalmente, l’allegro piano ragtime prendeva in giro quelle scuse mentre dava alla canzone degli agganci commerciali. Priva di pesanti riff di chitarra, fu ignorata dal pubblico rock così come i folkisti la trovarono troppo musicale per i loro standard. “Outside of a Small Circle of Friends“, pubblicato come singolo, riuscì comunque a entrare in classifica a Los Angeles, Sacramento e soprattutto a New York, dove la base di fan di Phil era sempre stata la più forte.

DOCUMENTO RARO

Al di fuori di una piccola cerchia di amici

Oh, guarda fuori dalla finestra

C’è una donna che viene afferrata

L’hanno trascinata tra i cespugli

E ora la stanno accoltellando

Forse dovremmo chiamare la polizia

E cercare di fermare il dolore

Ma il Monopoli è così divertente

Mi dispiacerebbe rovinare il gioco

E sono sicuro

che non interesserebbe a nessuno

Al di fuori di una piccola cerchia di amici

Cavalcando lungo l’autostrada

Sì, la mia schiena si sta irrigidendo

Tredici auto sono ammucchiate

Sono appese a un precipizio

Ora forse dovremmo tirarle indietro

Con la nostra catena di traino

Ma dobbiamo muoverci e potremmo essere citati in giudizio

And it looks like it’s gonna rain

And I’m sure

Non interesserebbe a nessuno

Al di fuori di una piccola cerchia di amici

Sudando nel ghetto

Con i neri e i poveri

I ratti si sono uniti ai bambini

Che dormono sul pavimento

Ora non sarebbe una rivolta

Se davvero si sono fatti esplodere le loro teste?

Ma hanno già troppo

E poi abbiamo i poliziotti

E sono sicuro

che non interesserebbe a nessuno

al di fuori di una piccola cerchia di amici

Oh, c’è un giornale sporco

Che usa il sesso per fare una vendita

La Corte Suprema era così arrabbiata

che l’hanno mandato in prigione

Forse dovremmo aiutare il demonio

E togliergli la multa

Ma siamo occupati a leggere Playboy

e il New York Times della domenica

E sono sicuro

Non interesserebbe a nessuno

Al di fuori di una piccola cerchia di amici

Fumare marijuana

È più divertente che bere birra

Ma un nostro amico è stato catturato

E gli hanno dato trent’anni

Forse dovremmo alzare la voce

Chiedere a qualcuno perché

Ma le manifestazioni sono una noia

E poi siamo troppo in alto

E sono sicuro

che non interesserebbe a nessuno

Al di fuori di una piccola cerchia di amici

Oh, guarda fuori dalla finestra

C’è una donna che viene afferrata

L’hanno trascinata tra i cespugli

E ora la stanno accoltellando

Forse dovremmo chiamare la polizia

E cercare di fermare il dolore

Ma il Monopoli è così divertente

Mi dispiacerebbe rovinare il gioco

E sono sicuro

che non interesserebbe a nessuno

Al di fuori di una piccola cerchia di amici

La sua seconda casa, però, doveva essere Los Angeles. Suo fratello Michael si era già trasferito lì per lavorare alla fotografia e alla promozione musicale, e Phil lo assunse come suo manager. Appena ad est di Beverly Hills sul Santa Monica Boulevard c’era un club chiamato The Troubadour. Era di proprietà e gestito da un capellone alto e magro di nome Doug Weston. Phil suonava regolarmente al Troubadour e divenne amico dell’allampanato proprietario. Weston voleva produrre un concerto di Phil Ochs a Los Angeles. Il cantante era estasiato. A New York aveva suonato ovunque, dal Gerde’s nel Village fino alla Carnegie Hall. Ma fare un concerto a Los Angeles? Quello era un nuovo livello. Avendo già fatto un tour di supporto all’album, Phil era sicuro di poter riempire il Santa Monica Civic Auditorium. Michael e Weston non erano così sicuri. Non sarebbe meglio suonare in un posto più piccolo? chiesero. Meglio allontanare un po’ di gente, ragionarono, che guardare file di posti vuoti.

Phil ha ottenuto ciò che voleva. Il suo manager e il suo produttore avevano avuto ragione. L’auditorium aveva una capacità inferiore al venticinque per cento.

In quei giorni, prima delle rivolte di Chicago, le sconfitte potevano ancora lasciarlo ottimista sia sulla sua carriera che sull’America. A tal fine, si comportava e reagiva come se il successo della sua carriera e la salute del suo paese fossero inesorabilmente connessi, perfettamente correlati.

L’ex studente di giornalismo dell’Ohio State University abbandonò gli studi e si trasferì a New York City nel 1960 con l’intenzione di diventare un cantante di successo che suonava la chitarra. Se Bob Gibson, Faron Young, Johnny Cash e Buddy Holly potevano diventare delle star, non c’era motivo per cui il giovane dell’Ohio non potesse fare lo stesso. Mike Porco possedeva il Gerde’s Folk City, un ristorante italiano situato nel Greenwich Village East of Washington Square sulla West 4th Street. Il 26 gennaio 1960, Gerde’s si trasformò in un locale musicale in collaborazione con Izzy Young, il direttore del Folklore Center. Durante la gestione di Mike Porco (1960-1980) la Folk City di Gerde ospitò le prime esibizioni di una costellazione di star della musica folk, in particolare Bob Dylan, Simon & Garfunkel, Phil Ochs, Judy Collins e José Feliciano. Nella sua autobiografia, Bob Dylan definì Gerde “il club folk preminente in America”. Rolling Stone’s Book Of Lists ha definito Folk City uno dei tre migliori locali musicali al mondo, insieme a The Cavern e CBGB.

Mike Porco, diede a Ochs il suo primo lavoro pagato aprendo per John Hammond. Per sfruttare al meglio l’opportunità, Phil scrisse ed eseguì una canzone specifica per l’occasione. “The Power and the Glory” avrebbe potuto essere scritta da Woody Guthrie, eccetto che l’impostazione del verso finale era più strategica, la consegna più appassionata e il ritmo più avvincente di quanto fosse accettato ai tempi di Guthrie. Dopo aver descritto tutti i dettagli alla Whitman del suo bel paese, un’ombra di severa cautela avvertiva: “Eppure è solo ricca come il più povero dei poveri/Solo libera come la porta di una prigione chiusa col lucchetto/Solo forte come il nostro amore per questa terra/Solo alta come noi!

Power and the Glory (Phil Ochs)

Come on and take a walk with me

Through this green and growing land

Walk through the meadows and the mountains and the sand

Walk through the valleys and the rivers and the plains

Walk through the sun and walk through the rain

Here is a land full of power and glory

Beauty that words cannot recall

Oh, her power shall rest on the strength of her freedom

Glory shall rest on us all

From Colorado, Kansas, and the Carolinas, too

Virginia and Alaska, from the old to the new

Texas and Ohio and the California shore

Tell me, who could ask for more?

Here is a land full of power and glory

Beauty that words cannot recall

Oh, her power shall rest on the strength of her freedom

Glory shall rest on us all

Yet she’s only as rich as the poorest of the poor

Only as free as a padlocked prison door

Only as strong as our love for this land

Only as tall as we stand

Oh, here is a land full of power and glory

Beauty that words cannot recall

Oh, her power shall rest on the strength of her freedom

Glory shall rest on us all

Come on and take a walk with me

Through this green and growing land

Walk through the meadows and the mountains and the sand

Walk through the valleys and the rivers and the plains

Walk through the sun and walk through the rain

Here is a land full of power and glory

Beauty that words cannot recall

Oh, her power shall rest on the strength of her freedom

Glory shall rest on us all, on us all

Il potere e la gloria (Phil Ochs)

Vieni a fare una passeggiata con me

Attraverso questa terra verde e in crescita

Cammina attraverso i prati e le montagne e la sabbia

Cammina attraverso le valli e i fiumi e le pianure

Cammina attraverso il sole e cammina attraverso la pioggia

Questa è una terra piena di potere e di gloria

Bellezza che le parole non possono ricordare

Oh, il suo potere riposerà sulla forza della sua libertà

La gloria riposerà su tutti noi

Dal Colorado, dal Kansas e anche dalle Caroline

Virginia e Alaska, dal vecchio al nuovo

Texas e Ohio e la costa della California

Dimmi, chi potrebbe chiedere di più?

Qui c’è una terra piena di potere e di gloria

Bellezza che le parole non possono ricordare

Oh, il suo potere riposerà sulla forza della sua libertà

La gloria riposerà su tutti noi

Eppure è solo ricca come il più povero dei poveri

Solo libera come la porta di una prigione con il lucchetto

Solo forte come il nostro amore per questa terra

Solo alta come la nostra posizione

Oh, questa è una terra piena di potere e gloria

Bellezza che le parole non possono ricordare

Oh, il suo potere riposerà sulla forza della sua libertà

La gloria riposerà su tutti noi

Vieni a fare una passeggiata con me

Attraverso questa terra verde e in crescita

Cammina attraverso i prati e le montagne e la sabbia

Cammina attraverso le valli e i fiumi e le pianure

Cammina attraverso il sole e cammina attraverso la pioggia

Questa è una terra piena di potere e di gloria

Bellezza che le parole non possono ricordare

Oh, il suo potere riposerà sulla forza della sua libertà

La gloria riposerà su tutti noi, su tutti noi

Avendo ormai sviluppato una certa reputazione, Phil riuscì ad ottenere altri lavori in città, principalmente al Third Side e al Gaslight di Sam Hood. Ma dove cadde sotto lo sguardo del grande pubblico della musica folk fu nelle pagine di una rivista ciclostilata chiamata Broadside. Oltre ad articoli, editoriali e profili, la rivista, pubblicata da Sis Cunningham e Gordon Friesen, stampò le parole e la musica di canzoni folk e di attualità scritte da Bob Dylan, Pete Seeger e, improvvisamente, Phil Ochs. Questo riconoscimento gli valse un invito ad esibirsi a Newport ’63. Newport era di gran lunga la prima vetrina per i cantanti folk. Phil sarebbe stato in compagnia di Dylan e Seeger, così come di Tom Paxton, Joan Baez, The Freedom Singers e altri luminari minori. La performance di Phil – durante la quale lottò contro il terrore e la nausea – includeva la già citata “The Power and the Glory”, così come “The Ballad of Medgar Evers” e “Talking Birmingham Jam”. Un album del festival fu pubblicato l’anno seguente e conteneva due delle canzoni di Phil. I giornali mainstream annunciarono un nuovo suono nella musica folk.

Phil Ochs in his first publicity shot (1963, New York City). “Phil Ochs: There but for Fortune”, a film by Kenneth Bowser. A First Run Features release.

The Ballad of Medgar Evers” – Compositori: Ochs Phil, Gibson Samuel Robert

Nello stato del Mississippi molti anni fa

Un ragazzo di 14 anni ha avuto un assaggio della legge del sud

Ha visto il suo amico un impiccagione e il suo colore era il suo crimine

E il sangue sulla sua giacca lasciò un marchio sulla sua mente

(Coro: troppi martiri e troppi morti)

Troppe bugie, troppe parole vuote sono state dette

Troppe volte per troppi uomini arrabbiati

Oh non sia mai più

Il suo nome era Medgar Evers e ha percorso la sua strada da solo

Come Emmett Till e altre migliaia di persone di cui non sapremo mai il nome

Hanno cercato di bruciare la sua casa e l’hanno picchiato a terra

Ma nel profondo entrambi sapevano cosa ci voleva per abbatterlo

*Coro

L’assassino aspettava a casa sua nascosto dalla notte

Mentre Evers usciva dalla sua macchina nel mirino del fucile

Premette lentamente il grilletto, il proiettile lasciò il suo fianco

Colpì il cuore di ogni uomo quando Evers cadde e morì.

*Coro*

E lo deposero nella sua tomba mentre la tromba suonava chiara

Lo deposero nella sua tomba quando la vittoria era vicina

Mentre aspettavamo il futuro per la libertà attraverso la terra

Il paese ha guadagnato un assassino e il paese ha perso un uomo

Le due maggiori etichette discografiche che si occupavano di folk all’epoca erano la Vanguard e la Elektra. La Vanguard aveva un buon roster che includeva Baez, Eric Andersen, The Weavers e Pat Sky. Ma la Elektra di Jac Holzman offrì a Phil un bonus di firma di zero dollari. E se questo non fosse stato abbastanza lusinghiero, sarebbe stato compagno di etichetta di Judy Collins, Tim Hardin e Tom Rush.

Il primo album, All the News That’s Fit to Sing, era evocativo del suo titolo, un virtuale What’s What di storie da prima pagina e giovani sorridenti analisi radicali. Gli argomenti includevano il coinvolgimento degli Stati Uniti in Vietnam dopo la morte del presidente Diem, un assistente sociale di nome Lou Marsh, la separazione di un minatore di Hazard, Kentucky, da sua moglie, un reporter di nome William Worthy che ebbe problemi con il Dipartimento di Stato per aver visitato Cuba, la crisi dei missili di Cuba e l’assassinio del leader dei diritti civili Medgar Evers. C’era anche un delizioso adattamento musicale di “The Bells” di Edgar Allan Poe. Il membro dei Future Blues Project Danny Kalb ha completato il suono alla seconda chitarra. Tra le apparizioni promozionali e i concerti a sostegno dell’album, Phil iniziò quello che sarebbe diventato un coinvolgimento a vita nell’attivismo sociale.

Iniziò con una serie di concerti di beneficenza per i minatori in sciopero a Hazard. Da lì passò alla Mississippi Caravan of Music, un consorzio che organizzava concerti per incoraggiare i neri a registrarsi per votare, il che coincise con il ritrovamento dei corpi di tre lavoratori dei diritti civili uccisi dal Ku Klux Klan. Poco dopo l’uscita del suo secondo album, I Ain’t Marching Anymore, si unì a Jerry Rubin e partecipò ai teach-in di Berkeley cantando tra un discorso e l’altro. Questa fu la prima associazione di Ochs con il movimento contro la guerra che a quel tempo stava eclissando i diritti civili come questione nazionale.

La sua più grande forza per il cambiamento sociale, tuttavia, rimase la sua musica. Con poche eccezioni, le note di copertina del secondo album erano più penetranti e divertenti delle canzoni stesse. Non così con il seguito, Phil Ochs in Concert, registrato alla Carnegie Hall. Era e rimane tra i più grandi album acustici dal vivo di tutti i tempi (nonostante il fatto che molta della musica fu di nuovo registrata altrove per compensare i difetti di registrazione). Oltre alle canzoni sui roghi di libri e sulle invasioni dei paesi latinoamericani, c’era l’autodefinita “cinematografica” “Ringing of Revolution”. Ochs nominava persino gli attori. “John Wayne interpreta Lyndon Johnson. E Lyndon Johnson interpreta Dio. Io interpreto Bobby Dylan. Un giovane Bobby Dylan”. C’era anche una satira isterica chiamata “Love ME, I’m a Liberal”, in cui Ochs faceva esplodere ogni cliché che la vicina sinistra abbia mai usato. “In ogni comunità politica ci sono varie sfumature di opinione politica. Una delle più ombrose è quella dei liberali. Un gruppo schietto su molti argomenti. Dieci gradi a sinistra del centro in tempi buoni. Dieci gradi a destra del centro se ha effetti personali. Ecco allora una lezione di logica sicura”. L’album conteneva persino una prima volta: una canzone d’amore di Phil Ochs, “Changes”. In un contesto di filosofia, politica e film, quella canzone sollevò la performance al livello dell’arte.

Era un livello che avrebbe approssimato, mantenuto o eccelso per i prossimi anni. Nonostante la quasi grottesca sovrapproduzione di Pleasures of the Harbor, sotto tutto il rumore c’era una canzone chiamata “Crucifixion”, che il marinaio del mare descrisse come il suo più grande risultato. In effetti, era alta arte, facilmente alla pari con il miglior lavoro di Dylan. Era anche ambizioso, simboleggiando astrattamente gli assassinii politici da Gesù Cristo a John Kennedy. Allitterante, immaginifica, accurata e terrorizzata nei toni, si sente meglio sulla retrospettiva Chords of Fame in una nitida versione acustica.

E la notte arriva di nuovo al cielo punteggiato di cerchi

Le stelle si posano lentamente, nella solitudine giacciono

Finché l’universo esplode quando una stella cadente si alza

I pianeti sono paralizzati, le montagne sono stupite

Ma tutti brillano di più per lo splendore della fiammata

Con la velocità della follia… poi muore!

Le vendite totali combinate dei primi tre album erano state inferiori alle 50.000 unità. Phil Ochs e la sua nuova etichetta, la A&M, erano ottimisti sul fatto che fosse necessario un cambiamento. Fu scelta l’orchestrazione di Pleasures. Il pubblicitario della A&M, Derek Taylor, mandò una copia dell’album al presidente Johnson. Time, Billboard e Variety ammisero tutti che la registrazione aveva i suoi momenti positivi. Broadside, naturalmente, sventrò la registrazione come un sell-out, il che era stupido. L’unica cosa che il cantante stava vendendo erano i biglietti dei concerti. La pubblicità funzionò. Il primo album di Phil alla A&M vendette più di tutti e tre i suoi dischi della Elektra messi insieme.

Durante un tour promozionale per l’album, Ochs divenne ancora più attivo nella sua opposizione alla guerra del Vietnam. Una di queste manifestazioni fu la sua organizzazione di una celebrazione “War is Over” al Washington Square Park di New York. L’idea alla base della manifestazione era che se un numero sufficiente di persone fosse arrivato a credere che la guerra fosse finita, lo sarebbe stata davvero. Era anche un’opportunità per mobilitare la gente attraverso tattiche di teatro di strada, tattiche che venivano usate con un certo effetto anche dai suoi amici della neonata comunità Yippie. Ormai Jerry Rubin e la collaboratrice occasionale Abbie Hoffman avevano imparato come usare i media contro se stessi. Consapevoli che i fotografi avevano la tendenza a concentrarsi su chiunque avesse i capelli lunghi e i piedi nudi, gli Yippie usavano l’umorismo e il fascino sui giornalisti per assicurarsi che i loro contatti mediatici non trovassero le parate e le marce del tutto inaccettabili. E così la celebrazione “La guerra è finita” attirò migliaia di persone e permise agli Yippies di promuovere il loro prossimo raduno a Chicago. Phil fece lo stesso in tutte le sue esibizioni pubbliche, mentre allo stesso tempo faceva campagna e suonava per beneficenza per la candidatura di Eugene McCarthy, importante oppositore della gestione della guerra del Vietnam da parte di Johnson,

Tra benefici di beneficenza e obblighi politici, Phil trovò una settimana libera in cui realizzare l’album Tape From California. Ancora una volta Larry Marks lo produsse. Ma questa volta la lussureggiante orchestrazione fu sfruttata, quando fu usata del tutto.

Senza dubbio la cosa migliore dell’album, però, era “When in Rome”, una canzone ispirata al film Viva Zapata del regista Elia Kazan. Definendo la canzone brillante, il critico Bart Testa scrisse: “La canzone non fa altro che riscrivere simbolicamente l’intera storia degli Stati Uniti come un’epopea caotica e apocalittica, con Ochs che interpreta tutte le parti principali in prima persona”.

Di nuovo tra le ceneri e tra le braci

Di nuovo attraverso le strade e le rovine che ricordavo

Le mie mani al mio fianco mi sono tristemente arreso

Fate come volete

Lo scenario del disastro che Chicago sarebbe diventato sembrava quasi preordinato. Il 12 marzo 1968, Eugene McCarthy annunciò la sua candidatura a presidente. La sua piattaforma era “Uscite subito”. Quattro giorni dopo, Robert Kennedy annunciò la propria candidatura con un biglietto contro la guerra. Insieme i due uomini catturarono il sessantanove per cento del voto popolare nelle primarie democratiche. L’erede di Lyndon Johnson, Hubert Humphrey, ottenne solo il due per cento. Prima che le primarie fossero finite, Kennedy fu assassinato. Abbie Hoffman suggerì alla Celebration of Life di formare una contro-convenzione in cui i partecipanti avrebbero indossato tutti i bottoni VOTE FOR ME e ognuno avrebbe nominato se stesso. Gli obiettivi della Celebration erano una fusione delle filosofie della vecchia e della nuova sinistra, un incontro di organizzazioni radicali, un modello di società alternativa, la politica dell’estasi. Come disse Phil Ochs, gli Yippies “volevano essere in grado di esporre fantasie in strada per comunicare i loro sentimenti al pubblico”. Furono coniati una serie di slogan memorabili, soprattutto per pubblicizzare l’evento imminente. Sicuri che più oltraggiosa era la frase, più i media l’avrebbero ripetuta – e quindi avrebbero concesso il dono della pubblicità gratuita – gli Yippies dichiararono che avrebbero “Bruciato Chicago al suolo! Acido per tutti! Abbandonate la polpetta strisciante!”.

Pochi giorni prima dell’inizio della Convenzione Democratica, Phil Ochs, Stew Albert e Jerry Rubin trovarono un contadino dell’Illinois disposto a vendere una grossa scrofa per venti dollari. Dato che Phil era l’unico ad avere soldi, l’onore dell’acquisto andò a lui. Gli Yippies avevano trovato il loro candidato. Il 23 agosto 1968, tennero una conferenza stampa fuori dal Civic Center di Chicago e annunciarono la loro campagna “Pigasus for President”. La stampa fu debitamente divertita e la polizia trascinò il gruppo dentro, accusandoli di disturbare la pace e di portare bestiame in città.

Ciò di cui Phil fu testimone nei giorni successivi avrebbe cambiato per sempre l’atteggiamento che portava alle creazioni delle sue canzoni. Avrebbe in effetti alterato i processi di pensiero stessi che si erano messi a scrivere del tutto. La sua speranza e il suo ottimismo erano pieni di buchi. La sua fede nelle sue visioni infantili dell’America furono distrutte, lasciandolo con i dolori intestinali dell’introspezione.

La notte del 24 agosto portò in città 7.500 dimostranti, che avevano tutti bisogno di un posto dove stare. Molti avevano intenzione di dormire a Lincoln Park. La polizia aveva altre idee. Attaccarono il parco con gas lacrimogeni e picchiarono i festaioli mentre se ne andavano. La notte seguente, i poliziotti rimossero i loro distintivi per evitare una facile individuazione, seguendo l’ammonimento del sindaco Richard Daley: “Il poliziotto non è lì per creare disordine. È lì per preservare il disordine”. Il messaggio fu compreso. Le forze di polizia attaccarono la stampa, i residenti locali, i paramedici e i manifestanti con uguale fervore. Molte telecamere della rete televisiva filmarono il massacro, ma il resto della nazione non lo avrebbe visto fino a giorni dopo a causa di trasmissioni sabotate.

Humphrey accettò la nomina del suo partito il 28 agosto, mentre la giornata si concludeva e l’odore dei gas lacrimogeni risaliva Michigan Avenue fino alla suite del candidato al Conrad Hilton. La violenza peggiore stava per iniziare. E il cantante folk di New York sarebbe stato proprio nel bel mezzo della situazione. I manifestanti si erano riuniti a Grant Park per ascoltare una serie di discorsi prima di marciare verso il Convention Center. La polizia di Chicago ha cercato di contenere il gruppo circondando il parco. Un oratore dopo l’altro si è rivolto alla folla. Tra un discorso e l’altro di uomini come l’attivista Dave Dellinger, il poeta Allen Ginsberg e il comico Dick Gregory, Phil stava nel retro di un pick-up e cantava per la folla. Poco dopo aver cantato una versione entusiasmante di “I Ain’t Marching Anymore”, vide un ragazzo arrampicarsi sull’asta della bandiera del parco e tirare giù la vecchia gloria. Quella era tutta la provocazione di cui la polizia aveva bisogno. Afferrarono il ragazzo, lo picchiarono con i loro manganelli e lo gettarono nel retro di un’auto della polizia, mentre gli spettatori più agitati lanciavano pietre contro gli agenti che li arrestavano. Le telecamere della stampa hanno filmato tutto questo per i posteri e hanno persino trasmesso il comando di un poliziotto: “Assicuratevi di mostrare loro che lanciano sassi! Mentre Dave Dellinger tentava di guidare una marcia non violenta verso il Convention Center (e ne fu bloccato), altri approfittarono di un’apertura nella quarantena e migliaia di giovani marciarono verso l’Hilton. Infuriata per essere stata distratta, la polizia caricò su Michigan Avenue, sparando candelotti di gas lacrimogeno e prendendo a bastonate tutto ciò che vedeva. Quando le mazze non riuscivano a sottomettere, calpestavano. E quando questo si è rivelato inefficace, hanno preso a calci, spintoni, pugni e botte. La folla gridava “Tutto il mondo sta guardando! Come Phil Ochs e gli altri avrebbero presto capito, alla maggior parte del mondo intero non importava e tra quelli che lo facevano, molti sentivano che i poliziotti non erano andati abbastanza lontano.

Tornato a Los Angeles, Phil cominciò a mettere in discussione il suo approccio alla politica in America. Mentre gli Yippies e altri radicali avevano creato e ricreato la loro controcultura, avevano alienato la classe operaia americana insieme all’America centrale. Le persone che erano già coinvolte, ragionava Ochs, non avevano bisogno di essere convertite. Nixon – che avrebbe cavalcato verso la vittoria sopra i resti frantumati di un Partito Democratico frammentato – chiamò questi americani spaventati “la maggioranza silenziosa”. Ochs sapeva che se questa maggioranza rifiutava i membri della Nuova Sinistra, avrebbero a loro volta abbracciato le soluzioni di uomini come Nixon e George Wallace. Spaventato da queste prospettive, il cantautore cominciò a distaccarsi per gradi dall’approccio giornalistico al suo mestiere. La musica che ne risultò parlò con toni più ampi e universali. Come ha fatto in “Crucifixion”, due o tre righe potevano parlare di interi capitoli mentre un’intera canzone poteva riempire delle biblioteche. Un’ultima volta, Larry Marks lo produsse. Questa volta entrambi l’avevano azzeccata in pieno.

Rehearsals for Retirement è il sesto album di Phil Ochs, registrato tra il 1968 e il 1969 e pubblicato nel maggio del 1969 per l’A&M.
L’album si classificò alla posizione numero 167 della classifica Billboard 200, fu il risultato più alto ottenuto da Ochs per un album studio.
Il singolo estratto da quest’album fu My Life/The World Began in Eden and Ended in Los Angeles.

Rehearsals for Retirement è tra le registrazioni più belle e potenti di qualsiasi genere musicale. Sostenuto da una vera band, con Lincoln Mayorga (il cui piano era stato la caratteristica principale dell’album Pleasures), Bob Rafkin al basso e alla chitarra e (probabilmente) Kevin Kelly alla batteria, Ochs fece la performance della sua vita. La copertina stessa era una fotografia di una lapide che Phil aveva fatto fare per l’occasione. La lapide riportava un’immagine ovale di Phil in piedi di fronte alla bandiera con un fucile della guerra rivoluzionaria imbracciato sulla spalla. Sotto l’immagine c’erano le parole: Phil Ochs (americano). Nato: El Paso, Texas 1940; Morto: Chicago, Illinois 1968.

L’album iniziava con “Pretty Smart on My Part”, che in quattro nitidi versi non solo forniva un’analisi istericamente divertente del comportamento reattivo della mentalità maschilista, ma legava le vignette insieme con un paio di righe – ventiquattro anni prima che Oliver Stone facesse lo stesso – affermando che John Kennedy era stato assassinato per permettere all’esercito americano il piacere di friggere la gente del Vietnam. Prima che l’impatto di questa affermazione possa affondare, il piano di Mayorga introduce “The Doll House” con un suono di qualcuno perso e vagante in un ambiente surreale creato da qualcun altro. Il cantante stesso è perso in questo ambiente, un mondo di morbida confusione e sorprendente pressione. Tutto si sblocca con l’altopiano: “Il maestro di danza classica/ faceva un cenno ‘più veloce’/La ballerina era in posa/ Nella fragile bellezza si è bloccata/Lascia andare! Lasciami andare! Lasciami andare! Lasciami andare! Lasciati andare! Lasciati andare! Lascia andare! Lascia andare! Lascia andare!” Dopo quell’interruzione poco commerciale, Ochs torna in una narrazione che inizia e finisce in terza persona e tuttavia è chiaramente anche il narratore in prima persona nel mezzo, un agente di polizia, sulla difensiva della sua responsabilità di “tenere il paese al sicuro dai capelli lunghi”, odioso verso gli studenti e le minoranze che brutalizza, eppure incapace di capire cos’è che i suoi nemici non comprendono di lui. Alla fine può solo pronunciare una variazione di Cartesio: “Uccido, dunque sono”. La canzone “William Butler Yeats Visits Lincoln Park and Escapes Unscathed” è forse più degna di lode per il suo titolo inventivo che per le sue descrizioni della Convention Week. Lo stesso non si può dire per il pezzo centrale dell’album.

Nel bel mezzo di Rehearsals for Retirement c’è “My Life”. Nello stesso modo in cui i Beatles alterarono permanentemente il modo in cui sarebbero stati compresi dal loro pubblico con Rubber Soul, Phil Ochs fece la sua svolta con questa canzone. L’album dei Beatles portò la percezione pubblica del loro prodotto dalla musica dance e dalle canzoni d’amore alla percezione di se stessi come un gruppo altamente complesso coinvolto nel processo di creazione di alcune opere d’arte molto belle. L’album di Ochs, e questa canzone in particolare, rivelò l’artista come un culmine di tutti i personaggi che aveva creato, ognuno vittima delle proprie vulnerabilità ma non necessariamente abbracciabile e accattivante.

L’intensità non diminuisce con “The Scorpion Departs but Never Returns”, esplicitamente una canzone sul sottomarino nucleare scomparso ma implicitamente una forte metafora della visione che l’artista ha della propria posizione nella società.

Suonando la campana si immerge nell’acqua verde

Non una traccia, non uno spazzolino, non una sigaretta è stata vista

La palla di bolle sta nascendo da un sussurro o da un urlo

Ma non sto urlando, no non sto urlando

Dimmi che non sto urlando.

Forse sentendo che aveva rivelato abbastanza per il momento, Ochs portò il suo pubblico in un breve viaggio da Eden a Los Angeles – “la città del domani”. Poi abbastanza presto, siamo tornati, inghiottiti nel dramma personale di “Doesn’t Lenny Live Here Anymore”, una canzone che non solo è stata ovviamente ispirata da “Like a Rolling Stone” di Bob Dylan, ma potrebbe facilmente essere la tanto attesa risposta del personaggio invisibile a cui Dylan aveva fatto la predica. Condita con linee piccanti come “Ami il tuo amore così tanto che la strangoleresti volentieri” e “Cerchi invano nei libri una parola migliore per dire “solo””, la canzone culmina con il narratore che si imbatte nel suicidio emotivo di un ex-amante in corso.

I ritmi galoppanti a cavallo di “Another Age” uniscono Tom Paine, Jesse James e Robin Hood alla ricerca di un’elezione rubata. Poi improvvisamente il cavallo non può più correre e la title track percorre il giro finale del percorso. La fine è vicina. Anche se ancora tinta di vibrato, la sua voce fatica a contenere il gemito che c’è sotto. Con una dissolvenza di piano e basso, se ne va.

Si sdraia supino sul divano nella casa del Canyon. Sveglio, chiude gli occhi e immagina di sognare. Vede suo nonno paterno con le labbra serrate accanto alla radio, che ascolta FDR parlare in modo rassicurante, mentre sua nonna frigge le uova in cucina. Suo padre entra, con gli occhi spalancati e avvilito da giorni senza dormire. Vede se stesso nascosto sotto un banco nella classe di Miss Jocelyn durante un’esercitazione aerea, mentre prende in giro suo fratello minore e viene dolcemente rimproverato da sua sorella maggiore.

Un gelo entra dalla finestra del soggiorno, così lui si tira addosso le immagini ricordate come una trapunta patchwork. Una fiamma di fiammifero di esplorazione nel buio; un odore debole che non lascia mai le pareti; il sapore dei popcorn imburrati al cinema; padroneggiare le scale al clarinetto; suo padre che fissa il giornale senza leggerlo; spararsi in una gamba mentre si mette in mostra per un amico; un cartello verde che dà il benvenuto al mondo a Columbus, Ohio; la giacca rossa di James Dean; Fidel Castro che marcia all’Avana; una matita che schiocca tra le dita strette; lo strimpellare di una chitarra che ha vinto in una scommessa; una cintura legata in un anello con una fibbia che sostiene il suo stesso peso.

L’idea del vestito d’oro gli venne dopo aver visto Elvis Presley esibirsi a Las Vegas. L’unica speranza per l’America, decise Phil, era una rivoluzione, e l’unica speranza per una rivoluzione in America era che Elvis diventasse Che Guevara. Dato che il giovane di Tupelo era improbabile che facesse una tale conversione, Phil Ochs avrebbe dovuto diventare Elvis come il Che stesso. Il primo passo fu fargli fare dal sarto Nudie un vestito d’oro. Quello fu il primo errore.

Il secondo errore fu il suo album successivo. Le canzoni in sé erano buone, ma se Larry Marks aveva sepolto le melodie di Ochs sotto un mare di swash, il nuovo produttore Van Dyke Parks mise alcune melodie molto buone dietro un muro di suono spettrale, con timpani e cori che sarebbero stati più a loro agio in un album delle Ronettes che in Phil Ochs’ Greatest Hits. Quel titolo fu il suo terzo errore. Inteso sarcasticamente, il titolo (e la leggenda al contrario che dichiarava “50 fan di Phil Ochs non possono sbagliarsi!”) fu facilmente frainteso come ciò che pretendeva di essere.

Il suo ultimo errore fu nel modo in cui scelse di promuovere l’album. Era previsto che suonasse di nuovo alla Carnegie Hall. Si presentò, ma questa volta indossava l’abito dorato e aveva la sua band con sé. Poteva ragionevolmente aspettarsi di essere accolto come lo era stato Dylan quando quest’ultimo era diventato elettrico a Newport. Come per garantire una reazione ostile, il suo set era appesantito da canzoni di altre persone. Dopo aver iniziato con una versione di “Mona Lisa” di Conway Twitty e la sua obbligatoria “I Ain’t Marching Anymore”, ha introdotto la sua interpretazione di “Okie From Meskogee” di Merle Haggard. Tutti presumevano che quel gesto fosse inteso come ironia, ma come si può dire con certezza? Il vero problema, però, arrivò quando eseguì medley di successi prima di Buddy Holly e poi di Elvis. Il primo set ha ricevuto una risposta così ostile che il cantante ha gentilmente dato una lezione alla folla. “Non siamo americani di mentalità ristretta – puoi essere un bigotto contro i neri, puoi essere un bigotto contro la musica”. Dopo un altro paio di sue canzoni – nessuna delle quali del nuovo album che doveva essere promosso – ha fatto il medley di Elvis. Anche se la sua voce era appesantita dal riverbero, suonava ancora magnificamente e proprio quando la folla fu conquistata, la Carnegie Hall tolse la corrente. Il pubblico gridò “Vogliamo la corrente! Vogliamo la corrente!” L’elettricità fu ripristinata e il concerto fu completato.

Phil pregò Jerry Moss della A&M di pubblicare i nastri del concerto come album. Moss rifiutò educatamente. Alla fine la A&M pubblicò l’album, in Canada. Passarono più di vent’anni prima che fosse disponibile negli Stati Uniti.

Negli anni successivi, Phil si isolò sempre più dai suoi amici e passò la maggior parte del suo tempo a bere, a guardare la TV e a viaggiare in altri paesi. In Sudafrica è stato derubato da tre uomini. Nel processo, le sue corde vocali si sono rotte e ha perso il suo registro superiore. Convinto che non avrebbe mai più cantato professionalmente, cadde sempre più in attacchi di depressione maniacale e paranoia.

Qualcuno conosce il mio nome o riconosce la mia faccia?

Devo essere venuto da qualche parte ma non riesco a ricordare il posto

Mi hanno lasciato al matinée e se ne sono andati senza lasciare traccia.

Biglietto per tornare a casa, voglio un biglietto per tornare a casa!

Suo nipote David l’ha trovato appeso alla sua stessa cintura nel bagno di sua sorella. Aveva trentacinque anni. Non posso fare un caso di martirio qui. Non c’è niente di nobile nel suicidio, indipendentemente da come quel suicidio possa essere stato il risultato di forze sociali o di aspettative diminuite. Se fosse vissuto, dubito che Phil avrebbe fatto nuove canzoni, e se lo avesse fatto, probabilmente non sarebbero state paragonate favorevolmente al suo lavoro migliore. Ma resta il fatto che ogni volta che leggo di qualche ingiustizia ridicola o di un’ipocrisia monumentale, mi chiedo cosa avrebbe detto Ochs al riguardo, come avrebbe riassunto la situazione con una battuta acerba o due.

E mi chiedo chi sarà il prossimo eroe morto.

Gloria Berloso
marzo 30, 2021

MU: La Band Del Continente Perduto

Ci sono gruppi che hanno un “qualcosa” di veramente speciale che non può essere descritto con nessun’altra parola che “magnetismo” e MU: La Band Del Continente Perduto è uno di questi. Mu fu una delle tante band nate nell’area di Los Angeles, con membri totalmente immersi nel mondo dell’esoterico, del mistico e soprattutto molto interessati alla conoscenza delle religioni mondiali e allo studio delle culture antiche.

Con il pretesto di approfondire e continuare le loro ricerche sui paralleli culturali che si apprezzavano, secondo loro, tra i popoli nativi americani e quelli della Polinesia, decisero nel 1973 di dire addio alla dorata California e di andare alle Hawaii. Lì, lontano dalla metropoli, questo accumulo di ossessioni così varie e bizzarre ha dato vita nel 1974 a un suono molto vivace ed eclettico dove si combinavano ingredienti tanto disparati come il Folk, il Country e il Rock di radici eminentemente americane, la libertà creativa della Jazz-Fusion e innumerevoli altri tocchi più sottili ma molto efficaci come le reminiscenze orientali o quelle tracce esotiche provenienti dal locale e tradizionale folklore hawaiano. Per tutto questo, il risultato finale è difficilmente paragonabile ad altri artisti o gruppi.

Merrell Wayne Fankhauser è un cantante, compositore e chitarrista statunitense, attivo negli anni ’60 e ’70 con band come Impacts, Merrell & the Exiles, HMS Bounty, Fankhauser-Cassidy Band e MU. Inoltre, 12 canzoni registrate da Merrell & the Exiles furono successivamente pubblicate sotto il nome di Fapardokly, anche se quel gruppo non è mai esistito.

Merrell Fankhauser

Jeffrey Ralph Cotton, chitarrista rock statunitense ha avuto attenzione per la prima volta come chitarrista con Merrell and the Exils. Con Captain Beefheart and his magic Band  ha vissuto in solitudine otto mesi di prove per Troust Mask Replica durante i quali Beefheart ha sperimentato sui membri del gruppo privazione del sonno, del cibo e violenza fisica nel tentativo di abbattere il loro stato mentale. Cotton rinnovò la sua relazione professionale con Merrell Fankhauser dopo il 1970 con i MU.

Jeff Cotton
The Maui Album (Reckless, 1988)

Fankhauser per un breve periodo ha suonato anche con Captain Beefheart. Nel 1969 il chitarrista di Beefheart, Jeff Cotton ha formato insieme a Fankhauser la band MU (praticamente una reunion degli Exiles). Il loro primo album, MU (RTV, 1971), ripubblicato col nome The Maui Album (Reckless, 1988), contiene la suite mistico-tribale Eternal Thirst, l’originale ed esotica Mumbella Baye La La, un numero blues spasmodico à la Beefheart (Ain’t No Blues), la psichedelia eterea di Blue Form e Brother Lew. La band pubblica tre singoli prima di sciogliersi: Ballad of Brother Lew/Nobody Wants to Shine (Mantra, 1972), One More Day/You’ve Been Here Before (MU, 1972), On Our Way To Hana/Too Naked For Demetrius (MU, 1973). Il loro primo album è stato stampato nel 1971 in trecento copie di cui cento solo per promuovere il disco che ebbe una stupenda critica ma mai il successo commerciale.

A mio parere MU è uno dei dischi più belli del 1971 ed ascoltarlo oggi sembra sia uscito da un sogno.

Cotton è tornato a Los Angeles e si è fatto prete.

Il materiale registrato tra 1973 e il 1974 per il secondo album dei MU infine emerge in The Last Album (Appaloosa, 1982), ripubblicato successivamente come End Of An Era (Reckless, 1988). Il materiale di questo disco è meno psichedelico e più esotico, rilassato e spirituale. Il doppio disco MU (Sundazed, 1997) contiene una selezione di brani da entrambi gli album e dai singoli. Children of the Rainbow (Blue Form, 1985) raccoglie delle sessioni del 1975 non pubblicate. Tutti questi lavori impallidiscono di fronte al primo e maestoso album dei Mu.

I musicisti del primo album dei MU nel 1971 sono:

Jeff Parker – Bass –

Jeff Cotton – Vocals, Guitar, Bass –

Merrell Fankhauser – Producer, Vocals, Guitar, Bass, Percussion –

Mary Lee – Violin –

Larry Willey – Vocals, Bass, Percussion –

Randy Wimer – Vocals, Drums, Percussion –

Testi
Autore:
Gloria Berloso

marzo 20, 2021

Ricky Mantoan, il chitarrista che ha cambiato il modo di suonare e fare Musica in Italia

Ricky Mantoan e Branco Selvaggio Band  

La band fu fondata nel 1978 da Ricky Mantoan che fin dai primi anni sessanta si esibiva in pubblico. La prima ispirazione di Ricky fu il chitarrista americano Duane Eddy, che divenne famoso per aver introdotto la chitarra elettrica come strumento principale nel Rock’n’Roll, intorno al 1958. Tra il 1965 e il 1970, dopo varie esperienze con il suono di alcuni artisti come i Cream, gli Stones, e naturalmente Jimi Hendrix, Ricky scoprì e fu profondamente colpito dal Country Rock californiano e nello stesso tempo dal Folk Rock inglese.  Byrds, Flying Burrito Brothers, Grateful Dead, Fairport Convention, ma soprattutto il cantante country Gram Parsons influenzarono l’evoluzione del suo gusto musicale. Nel 1978 mise insieme un gruppo di sognatori country e il nome della band era “Branco Selvaggio“. In quel periodo iniziò a scrivere le sue composizioni che divennero parte del suo primo album da solista “Ricky“, pubblicato nel 1980. Questo lavoro fu ben accolto dalla critica musicale sia italiana che straniera. Una canzone dell’album, “Down in Memphis“, entrò con successo nelle classifiche di una famosa rivista specializzata inglese: Omaha Rainbow. Poi iniziò la collaborazione del chitarrista mancino con alcuni leggendari artisti californiani: Ricky entrò in contatto e strinse una forte amicizia con il bassista Skip Battin, già dei Byrds, dei New Riders of the Purple Sage e dei Flying Burrito Bros. Tra il 1982 e il 1994 suonò in tour con Skip Battin, Chris Darrow, Greg Harris, Sneaky Pete Kleinow, Gene Parsons, John York, Roger McGuinn, rivelandosi un eccellente chitarrista e un vero magic picker sulla Pedal Steel Guitar. Questi eventi sono stati registrati con relative pubblicazioni di due dischi: LIVE IN ITALY (Sneaky Pete Kleinow, Skip Battin, Ricky Mantoan, Vincenzo Rei Rosa) e FAMILY TREE con gli ex Byrds Skip Battin, John York, Ricky Mantoan e il batterista del Branco Selvaggio. L’album Family Tree fu registrato alla fine di un tour nel 1988 dagli ex Byrds Skip Battin e John York, voci, basso, pianoforte e chitarre; Ricky era alla Pedal Steel Guitar, alla chitarra elettrica String Bender Telecaster e anche alla voce. Un altro ragazzo del Branco Selvaggio di Ricky era Beppe D’Angelo alla batteria che diede alla band un hard disk, e sia Skip che John rimasero impressionati dal talento dei “colpi”. Allo stesso tempo Ricky lavorò in studio con alcuni musicisti italiani, partecipando anche a diverse trasmissioni televisive e radiofoniche. Negli anni novanta i “Branco Selvaggio” furono apprezzati in tutta Italia con concerti che ancora oggi vengono definiti “memorabili”. Gli spettacoli della band erano una lunga playlist che assestava i suoni e le sensazioni di un vero Cosmic Country con un tocco di psichedelia. Nel 1991 il “DIZIONARIO DELLA CANZONE ITALIANA” di Renzo Arbore, edito da Curcio Editore, fece una scheda dedicata a Ricky qualificandolo tra i più creativi musicisti italiani. Nel 1992 venne realizzato il primo album di Branco Selvaggio, “Riders of the Universe”, con canzoni scritte da Ricky e alcune cover di Byrds e Bob Dylan. Nel 1994 gli venne chiesto di unirsi ai Byrds Celebration per partecipare ad un tour internazionale e questo evento viene ripreso da un concerto dal vivo a Ginevra da alcune emittenti televisive e di cui esiste un album su cd e un video intitolato “LIVE IN GENEVA”. Questa band era composta da Skip Battin, Terry Jones Rogers, Scott Nienhaus, Vince Barranco e Ricky Mantoan. Dal 2006 Branco Selvaggio rivolse la sua attenzione in particolare alla qualità del suono musicale e anche alle parti corali, insistendo sulle genuine radici del country elettrico e acustico.  Il rinnovato organico del gruppo comprendeva Dario Zara al basso e voce, Luciano Costa alle chitarre acustiche ed elettriche, voce e chitarra slide, Beppe D’Angelo alla batteria e voce, Ricky Mantoan naturalmente alla pedal steel guitar, chitarre elettriche e acustiche, dobro, mandolino, armonica, dulcimer e voce. Il nuovo album “RIDIN’ AGAIN” esclusivamente di canzoni di Ricky Mantoan fu pubblicato dalla Edit di Spilimbergo con la collaborazione di Andrea Del Favero, direttore artistico Folkest, Bruno Cimenti (suono) e Gloria Berloso.

Ricky Mantoan – 1968
1979
2015
Sneaky Pete Kleinow – 1985 – Flying Burrito Brothers in Italy e fondatore originale con Chris Hillman, Gram Parsons e Chris Ethridge
Skip Battin e Sneaky Pete Kleinow – 1985 – Flying Burrito Brothers in Italy
Ricky Mantoan – 1985 – Flying Burrito Brothers in Italy

La prima volta che Ricky Mantoan sentì il suono della Pedal Steel Guitar fu ascoltando un disco arrivato dagli Stati Uniti nel 1965. Il disco era Country Guitar ma in Italia nessuno aveva la più remota idea di che strumento si trattasse. Pensando ad una chitarra elettrica dotata di effetti speciali, Ricky fece ogni tentativo di avvicinarsi a quel suono particolare quando più tardi scoprì attraverso le immagini di Jerry Garcia il tipo di strumento ascoltato in tanti dischi in vinile che acquistava. In Europa non esisteva alcun rivenditore o costruttore di quel particolare strumento, oltretutto Ricky era mancino così la sua disperata ricerca riuscì finalmente a trovare pace quando vide la pubblicità della ZB Guitar Company su una rivista e ordinò per corrispondenza la sua chitarra senza sapere come suonarla e montarla. Attese più di un anno dato che il costruttore non aveva il modello mancino.

ZB pedal steel guitar originale di Ricky Mantoan
Primo album di Ricky Mantoan 1980

La chitarra arrivò in questa cassa (vedi foto) ovviamente smontata e priva di manuali. Ci vollero alcuni anni per far capire a Ricky come usare gli effetti dato che per suonare la pedal steel bisognava usare dei finger picks, mani, dita, pedali e ginocchia ma per farlo andò ad orecchio perfezionando il suono grazie ad alcuni manuali. L’impresa di Ricky Mantoan fu veramente eccezionale e così tra il 1975 e il 1980 creò dei fraseggi e degli accordi molto interessanti e armonici che da nessuna altra chitarra avrebbe ottenuto.

Per capire meglio bisogna ascoltare il suo primo disco “Ricky” pubblicato proprio nel 1980.

Si può certamente dire che fu proprio lui l’artefice di aver importato per primo una sonorità diversa e originale ed aver inventato un “modo di suonare”. Con la sua musica, le sue canzoni e il gruppo di amici ai quali aveva con pazienza e severità insegnato ad usare e suonare tutti gli strumenti, Ricky Mantoan portò un nuovo messaggio rivoluzionando il modo di fare musica. Il clima intellettuale degli amici musicisti americani che si fermarono a casa sua per lungo tempo, stimolò enormemente di continuare in quella direzione ma anche di ricercare nuove armonie. In particolare, Ricky Mantoan, influenzato dalla creatività di Clarence White (The Byrds), uno dei più grandi e geniali chitarristi che insieme a Gene Parsons (The Byrds) ed Eddy Tickner inventarono lo String Bender, divenne un ottimo discepolo affezionato come Albert Lee, Peter Townsed e pochi altri. E fu proprio quando si esibì in concerto nel 1984 con i componenti storici dei Byrds, Gene Parsons, Roger McGuinn e Skip Battin che Ricky diede prova d’essere all’altezza dei più importanti professionisti del suono e aprì la strada per portare in tour il messaggio della musica Country Rock soprattutto in Italia.

The Byrds 23 giugno 1970 – Roger McGuinn, Skip Battin, Clarence White, Gene Parsons
La storica formazione dei Byrds periodo 1969-1972/73 con Ricky Mantoan alla Guild Starfire Guitar nel 1984
2011

So much music time
So long time to love
So many thoughts of Gloria

marzo 3, 2021

Jason McNiff – “Dust Of Yesterday” (Folk inglese)

Il cantante folk-country britannico Jason McNiff, nato a Bradford, Yorkshire, da padre irlandese e madre polacca ma cresciuto a Londra vive da qualche tempo nella città balneare e porto inglese di Hastings, East Sussex. Verso la fine del secolo ha pubblicato il suo album di debutto “Off The Rails” dopo essere stato scoperto in un club da Chris Kidson, cognato di Bert Jansch e proprietario di un’etichetta discografica. Sono seguiti altri due album per quell’etichetta. In seguito Jason McNiff è passato ad altre etichette per le quali ha pubblicato altri tre dischi, tra i quali l’album tutto acustico “Joy And Independence” nell’estate del 2018.

Il ‘Guitar-picking’ sulla chitarra acustica è una delle sue caratteristiche musicali.

A metà aprile 2021 pubblicherà il suo settimo album in studio “Dust Of Yesterday”, che ha registrato tra l’estate e l’autunno dell’anno scorso a Eastbourne nello studio di casa del produttore Roger Askew, noto per il suo lavoro con Christy Moore e Wilko Johnson tra gli altri. Jason McNiff ha suonato la chitarra acustica e le tastiere, mentre Roger Askew ha contribuito con le chitarre elettriche e basso, la musicista folk Basia Bartz al violino e Beth Porter della ‘Eliza Carthy Band’ al violoncello hanno fornito gli archi alle canzoni. Il primo singolo di “Dust Of Yesterday” è la ballata “Wherever I Choose”.

L’album contiene nove canzoni in cui Jason McNiff mostra il suo grande talento come cantante e compositore. Comincia subito nella prima traccia “For The First Time”, uno sguardo nostalgico al suo passato di ‘busker’ e performer in bar e club. Jason ha 46 anni parla correttamente tre lingue, inglese, francese e russo. I suoi idoli musicali sono Bert Jansch, Mark Knopfler e J.J. Cale per il loro modo di suonare la chitarra acustica e i testi poetici. In questo nuovo disco si potranno ascoltare canzoni melodiche e troubadour come “Try For The Sky”, “Mary Jane” e la piacevolmente corposa title track dell’album “Dust Of Yesterday”.

Gli altri brani “Tom” dedicato ad un amico d’infanzia, “If You Can See Me Now” in cui una rottura amorosa ha portato alla solitudine e a una vita alla deriva, “Damaged Woman” e la classica canzone folk “A Load Along” sono ulteriori prove dell’abilità di Jason McNiff come autore e interprete di canzoni emotive. La strumentazione su tutte queste canzoni è mantenuta molto sottile e sobria in tutto l’album, il che aggiunge solo alla potenza delle canzoni. L’album “Dust Of Yesterday” di Jason McNiff può essere chiamato una vera risorsa per la scena musicale folk del 2021.

If My Eyes Were Blind – Jason McNiff – 3 marzo 2021

Contatti (4) Jason Mcniff | Facebook

ottobre 18, 2020

Nino Ferrer – Métronomie

Nino Ferrer, nome d’arte di Agostino Arturo Maria Ferrari, nato il 15 agosto 1934 a Genova e morto il 13 agosto 1998 a Saint-Cyprien (Lot), è un autore, compositore e cantante italiano naturalizzato francese. Nato in un ambiente benestante, ha trascorso l’infanzia in Nuova Caledonia e poi in Italia durante la seconda guerra mondiale, prima di vivere a Parigi dove ha scoperto il jazz da adolescente. Suonando il contrabbasso, è diventato un apprezzato musicista dilettante nello stile di New Orleans, accompagnando musicisti famosi e suonando in importanti club con i Dixie Cats, un gruppo che ha fondato con un amico, e allo stesso tempo seguendo gli studi universitari per soddisfare i suoi genitori. Alla fine degli studi, nel 1959, poco entusiasta della carriera archeologica che si stava aprendo a lui, decise di tentare la fortuna come cantante. Dopo alcuni anni difficili, nel 1966 ha avuto successo con la canzone Mirza, un blues che si tinge di umorismo. Mentre la popolarità di Ferrer è stata incrementata dal numero crescente di successi che sfruttavano questa vena umoristica, non era contento di questo successo, che lo associava all’ondata di yéyés in cui non si riconosceva. Poi è andato in esilio in Italia dove ha scoperto il progressive rock. Al suo ritorno in Francia nel 1971, la sua ambizione era di essere riconosciuto come un importante cantautore, seguendo le orme delle star anglosassoni che ammirava, ma si scontrava con l’incomprensione del grande pubblico e con la logica commerciale delle sue varie case discografiche, sconcertate dai suoi incessanti cambiamenti di stile e dalla sua natura rabbiosa. Dopo il successo della canzone Le Sud nel 1975, vivendo molto male il divario tra la sua immagine pubblica e le sue ambizioni personali, ha finalmente rotto con lo showbiz parigino. La sua seconda carriera musicale, che voleva allontanarsi dai vincoli commerciali, è stata un fallimento. Dopo essersi ritirato nella regione del Quercy Blanc, ha gradualmente smesso di suonare la musica per dedicarsi alla pittura. Segnato dal bicentenario della Rivoluzione Francese, ha chiesto e ottenuto la cittadinanza francese nel 1989. Quando all’inizio degli anni Novanta uscì una compilation dei suoi più grandi successi, riguadagnò il favore del pubblico, pubblicò nuovi album e si esibì in numerosi concerti, prima di uccidersi nel 1998, vittima di un episodio di depressione in seguito alla morte della madre qualche settimana prima, di cui si sentiva responsabile, mentre registrava quello che pensava sarebbe stato il suo ultimo album. Personalità arrabbiata e complessa, sensibile e romantica, estremamente esigente nei confronti di se stesso, Nino Ferrer ha lasciato un corpus di oltre 200 canzoni (per le versioni francesi) con molteplici influenze, in gran parte ignorate dal grande pubblico e la cui importanza è stata riconosciuta fin dalla sua morte attraverso diversi omaggi.

“Dalle prime luci di una carriera, nel 1963, che stava per lasciare un segno indelebile nella memoria collettiva, fino all’ultimo barlume di luce nel 1998, l’anno nero del suicidio di Nino Ferrer, potete trovare finalmente riunite le registrazioni complete di uno dei più famosi cantanti e musicisti francesi, ancora lontano dalla scoperta. 206 canzoni distribuite su 12 CD – 37 dei quali mai pubblicati in questo formato – e un DVD di immagini intime prodotte dal secondo figlio Arthur, una maestosa presentazione in stile art book, il tutto illustrato da un fumetto biografico, dalle linee nere e luminose, prodotto per l’occasione dal fumettista Fred Bernard, amico intimo di Nino, era proprio quello che ci voleva per celebrare l’uomo la cui influenza continua ad essere rivendicata dalle giovani generazioni.
Al di là dei tanti indimenticabili successi degli anni Sessanta o delle intramontabili ballate malinconiche che ancora pizzicano il cuore, dei rock album bucolici, rabbiosi, ironici o “disillusi” degli anni Settanta e Novanta, è tutto uno spirito di imbracatura artistica e anticonformismo libertario – oltre a un umorismo piacevolmente desacralizzante – che Ferrer ha trasmesso. È ancora questo luogo un po’ marginale che continua a renderlo così unico, così singolare, agli occhi dei suoi contemporanei, dei cantanti e dei musicisti popolari del secolo scorso. La visita guidata di prima classe del cofanetto offre così una panoramica di un’opera in perenne movimento, che per trent’anni si è trasformata da cima a fondo, non per soddisfare le mode, anzi, andando spesso controcorrente, accumulando successi (enormi) e fallimenti (anche enormi) con un’intrepidezza che salta ancora alle orecchie fin dalle prime note”.

Grande Nino Ferrer! Indimenticabile ….

Les cornichons

Dal vivo

Métronomie – Rock Progressive

ottobre 13, 2020

PAOLO PIETRANGELI, L’ADDIO ALLA DISCOGRAFIA CON UN ALBUM CHE PARLA D’AMORE

IL 23 OTTOBRE ESCE PER ALA BIANCA IN VINILE E IN DIGITALE “AMORE AMORE AMORE, AMORE UN C…” CON TREDICI BRANI DELL’AUTORE DI “CONTESSA” E “VALLE GIULIA” DI CUI TRE INEDITI – IN OMAGGIO UN LIVE DEL 1995 A ROMA



È da sempre considerato il cantore dei rapporti politici e sociali, dal ‘68 in poi, di “Contessa”, “Valle Giulia” e tante altre, ma Paolo Pietrangeli stavolta ci fa scoprire un’altra faccia della sua poetica, quella che parla di amore, che indaga i rapporti uomo-donna. E lo fa con un nuovo disco, che è particolarmente importante anche per un altro motivo: sarà il suo ultimo. Un addio alla discografia, ad un mondo musicale così diverso da quello in cui aveva iniziato. Per questo simbolicamente il lavoro sarà pubblicato solo in vinile (oltre che in digitale).

Il titolo dell’album è tutto un programma, “Amore amore amore, amore un c…”, e fa capire che all’interno non manca l’inconfondibile, aguzza ironia dell’artista romano, così come il suo lucido sguardo al mondo intorno. In tutto tredici canzoni, delle quali tre inedite, tra cui la traccia che ha dato lo spunto per il titolo dell’album, “Amore un cazzo”.

Il lavoro, nei negozi dal 23 ottobre, sarà pubblicato in vinile per dare il giusto valore a canzoni che hanno un peso specifico elevato, che respingono la superficialità, che hanno bisogno di essere trasportate, ascoltate, accolte in un oggetto di fascino e bellezza com’è un lp. “Ho iniziato dal vinile e concludo con un vinile”, chiosa il cantautore romano (anche se ci si augura che cambi idea).

Paolo Pietrangeli è una figura importante per la cultura e lo spettacolo in Italia non solo come cantautore, ma anche come regista cinematografico e televisivo (uno dei più apprezzati degli ultimi decenni) e recentemente anche come scrittore. Nella sua ormai lunga storia è stato anche aiuto regista di mostri sacri come Luchino Visconti, Federico Fellini, Mauro Bolognini.



Sono tante le cose che ha da raccontare. Per questo tra una traccia e l’altra dell’album, Pietrangeli infila ricordi e aneddoti su se stesso e i suoi 75 anni, sulla sua gioventù, sul rapporto conflittuale con suo padre, Antonio Pietrangeli, talentuoso regista, su com’è nata “Contessa”, sulla Roma di Visconti e Fellini. In sintesi, racconta tutto ciò che ha formato la sua poetica fatta di ironia (“Amore un cazzo”), giochi di parole (“La merendera”) e metafore. Storie e filastrocche divertenti (“Lo stracchino”), ma anche intrise di melodia ed emozione (“Le sirene”, “Circonferenza”).

L’album esce su label Bravo Records/Ala Bianca, con distribuzione Warner. E contiene anche un cadeau: nella terza di copertina si trova infatti un QR Code che – scansionato con fotocamera dello smartphone – porta all’ascolto in streaming e al download di un concerto di Pietrangeli al Teatro Parioli di Roma nel 1995.

“Amore amore amore, amore un c…”

Tracklist LP

Lato A

Amore un cazzo

Le sirene

Amore coniugale

Lo stracchino

La merendera

Mamma vorei sapè

La lettera


Lato B

Cinema 2

Al ballo in città

Io ti voglio bene

La Roma

Circonferenza

Sabato 1 gennaio

——

ottobre 25, 2016

BOB DYLAN: con il Nobel o no è il poeta Dylan acclamato da milioni di persone

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Bob Dylan è per la musica quello che Jack Kerouac è per la letteratura, un’altra dichiarazione forte e volutamente difficile da difendere per iniziare con una rubrica dedicata al “marchio” del premio Nobel per la letteratura! Tuttavia la dichiarazione nell’analogia ha un senso diverso. Nel corso degli anni sessanta e settanta, la musica e la letteratura hanno marciato vicine, si sono incontrate e sono diventate inscindibili: non si può capire “On the Road”, senza il bee-bop jazz, né si è in grado di capire la letteratura del XX secolo senza le lettere di Dylan. D’altra parte, Dylan è parte di una vera e propria esperienza che ha cambiato la concezione della vita di milioni di persone: la letteratura beatnik, le poesie di Allen Ginsberg, la musica, i viaggi lunghi senza destinazione negli Stati Uniti d’America, la droga, San Francisco, le vite spezzate, gli hippies, le manifestazioni contro la guerra. Bob Dylan è una particolare forma di letteratura; è un autore-personaggio, che fa e simboleggia un momento di vita per milioni di persone.

Esplorando tensioni e contraddizioni, non c’è dubbio che Bob Dylan è una figura centrale di una generazione e di un immaginario culturale che ha provato a cambiare il mondo, ma non ci è riuscito. Pertanto, qualsiasi cenno che dica che Dylan è simile a Sartre è stato preannunciato precedentemente nel 1964. Sartre ha convertito e radicalizzato percorsi verso posizioni rivoluzionarie marxiste molto chiaramente e quindi respinto il premio Nobel per evitare di diventare una “istituzione”. Il caso di Dylan è un po’ diverso: per anni è già un istituto de facto, in grado di influenzare come pochi, ammirato e accettato da tutto il mondo della musica. Le canzoni di Dylan sono diventate una tradizione americana come il Giorno del Ringraziamento. Tuttavia, la sua istituzionalizzazione simboleggia come nessun altro, la profonda impronta dell’onda rivoluzionaria degli anni ’60 e, allo stesso tempo, la conseguente normalizzazione. Bob Dylan stesso è stato sempre un po’ cinico con il suo ruolo di icona radicale, auto definendosi un ribelle contro la ribellione.
Nel suo primo e unico anno presso l’Università del Minnesota, Dylan ha partecipato a diverse riunioni del Socialist Workers Party, il partito trotskista guidato da James Cannon, si considerava un semplice successore di Woody Guthrie, il cantante comunista, che con la sua chitarra voleva “uccidere i fascisti”. Gli eredi di Guthrie hanno acquisito la semplicità nella musica popolare e artigianale. La mossa di rifiutare l’elettrificazione della musica, e di usare una chitarra acustica per sostenere i lavoratori e le lotte studentesche è chiamata anticapitalismo romantico da Michael Lowy. Dylan è stato in grado di crescere in questo mondo, ma di rompere con lui per far avanzare il “movimento reale”, creando quella sintesi virtuosa tra tradizione e modernità, più tardi conosciuta come folk-rock. Non senza tensioni, per inciso, con il movimento popolare nei settori più ortodossi. A Newport nel 1965, Dylan ha suonato la sua chitarra elettrica per la prima volta e Pete Seeger, indignato per tale eresia, ha minacciato di tagliare il cavo della chitarra con un’ascia.

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Bob Dylan e Pete Seeger

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Woody Guthrie

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Phil Ochs

 Il passaggio di Bob Dylan dalla chitarra acustica all’elettrica, significa anche un cambiamento nelle questioni affrontate nelle sue canzoni. Dylan è più incline a creare inni e alla critica politica come l’altro autore politico Phil Ochs, Dylan va avanti per affrontare i problemi esistenziali di una generazione, orientata più verso quel settore giovanile che ha preferito andare ai macro-festival che nell’esercito militare della SDS. Nel corso degli anni ’60 e ’70 c’era una tensione che ha attraversato tutto il movimento giovanile tra il “rivoluzionario” e l’”esistenzialista” che, anche se si sono riuniti in un forte rifiuto del capitalismo e dell’imperialismo, hanno scelto modi diversi di lotta. Mentre i “rivoluzionari” hanno sostenuto la resistenza armata della resistenza vietnamita contro l’invasore americano, gli “esistenzialisti” semplicemente hanno manifestato contro la guerra. Norman Mailer ben descrive questo conflitto nel suo romanzo “Le armate della notte”.

Dylan è il primo artista di culto e di massa: i suoi testi combinano elementi tradizionali della cultura americana con avanguardie europee. Simboleggia come nessun altro l’emergere di una particolare classe media, nata dopo la guerra, e che si autodefinisce come “intellighenzia” di tipo nuovo, sempre alla ricerca di sovversioni provenienti dal basso, ma pronta a costruire le aspirazioni di vita all’interno di un capitalismo dinamico e ricco di opportunità.

Con questo premio Nobel, l’istituzione culturale riconosce apertamente la mutazione culturale che è nata negli anni ’60, non può più pensare l’arte come qualcosa di indipendente dalla società dei consumi, ma come qualcosa che deve connettersi con i desideri delle masse. Non possiamo più pensare all’arte al di fuori delle aspirazioni culturali delle masse; Dylan certamente ha significato più come poeta per milioni di persone. Non possiamo pensare che la musica di Mozart sia l’unico culto, dimenticando Bob Dylan. Non possiamo pensare di seguire la massa e ascoltare solo Justin Bieber e dimenticare Dylan, mentre milioni di adolescenti stanno scoprendo che i loro problemi esistenziali sono gli stessi di quelli dei loro genitori. Infine, non possiamo dissociare Ginsberg da Dylan: entrambi erano poeti. Il genio di Dylan ha aggiunto una chitarra e con più abilità ha creato questo ibrido nato tra cultura d’élite e la cultura di massa nel tardo capitalismo. Sullo sfondo, il premio Nobel riconosce solo una realtà, che “i tempi stanno cambiando” e i confini tradizionali dell’arte non possono essere definiti solo dall’accademia.

Con il Nobel o no, egli è il poeta Dylan acclamato da milioni di persone, in un momento di culto e popolare. Il premio Nobel per la letteratura a un poeta popolare rompe paradigmi e fa scuotere le ragnatele di un premio d’élite.
Mestamente, vedo che l’umanità egocentrica, mediocre e classista, continua a ritmo sostenuto verso l’autodistruzione. Non abbiamo imparato nulla sulla vita e la storia. Lo spettacolo dell’orrore non ha la capacità di reagire. Ci accontentiamo di vivere nella nostra bolla per sentirci al sicuro e privo di responsabilità collettive. Prendo atto ancora una volta che noi siamo la peggiore piaga che ha abitato la terra. E sì, l’Accademia aiuta solo le persone a mostrare ciò che realmente sono!

Gloria Berloso

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marzo 16, 2024

The importance of words (songs of love, anti-capitalism and mental illness) è l’album di debutto di Solo

L’album è un mix di generi che mira alla sperimentazione con inaspettati cambi di registro che abbracciano art rock, psichedelia, grunge, punk, elettronica, pop e alternative rock.

Esce il 16 marzo 2024 “The importance of words (songs of love, anti-capitalism and mental illness)”, album d’esordio di SOLO, un mix di influenze in cui si bilanciano sperimentazione e orecchiabilità, tematiche sociali e testi più intimi e riflessivi.

«Le tematiche principali trattate in “The importance of words (songs of love, anti-capitalism and mental illness)” sono di sicuro di carattere politico-sociale, in particolare legate a quella che è la nostra società dei consumi, di un libero mercato incontrollato, di un capitalismo preponderante che influenza le nostre vite. E non di certo in maniera positiva. Influenzato dalla letture di Pier Paolo Pasolini, Naomi Klein, Noam Chomsky, Solo è sempre stato molto critico verso la società e di come questa ci influenzi, anche nel nostro profondo: le “mental illness” del titolo sono dovute in buona parte anche a come i costrutti sociali che ci impongono e ci auto-imponiamo ci influenzano. Quindi è tutto collegato. Anche il modo in cui proviamo amore, a chiudere il cerchio».

SOLO è un progetto che spazia fra i generi: la psichedelia lascia spazio al grunge, passando per l’indie pop, l’art rock, lo shoegaze, l’elettronica, marce bandistiche, musica concreta.

Il filo conduttore fra i brani è dato dalla sperimentazione (in particolare sui suoni, grazie ad un uso massivo dell’effettistica) e dall’insofferenza verso la società odierna, in cui viviamo.

SOLO ha pubblicato, ad ora, 5 singoli: “Stati emozionali” (brano in binaurale composto con soli oscillatori sinusoidali, generatori di rumore bianco e filtri, ispirato dall’elektronische musik di Karlheinz Stockhausen, è stato lanciato in anteprima su It’s Psychedelic, Baby e trasmesso all’interno di “Battiti”, su Radio 3 RAI), “Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” (brano che affonda le proprie radici nella psichedelia inglese della seconda metà degli anni ‘60, è stato lanciato in anteprima esclusiva su Prog UK), “Something (you don’t need)” (brano che miscela dream pop, indie pop, dance ed elettronica, lanciato in anteprima esclusiva su Post-Punk.com), il brano grunge/punk “Propaganda in my eyes, again (you’re erased)” (lanciato in anteprima esclusiva su The Spill Magazine) e “Summer fading (late love song)”, canzone in bilico fra dream pop, shoegaze e alternative rock (lanciata in anteprima esclusiva su La Stampa).

LE CANZONI

The importance of words
(songs of love, anti-capitalism and mental illness)
descritto da

Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)

Ispirata tanto dai Rolling Stones di “Their Satanic Majesties Request” quanto dai Beatles di “Revolver” e i Pink Floyd di Syd Barrett, “Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” è un brano rock psichedelico che parla di allucinazioni e disturbi dissociativi. Pregna di suoni estranianti ispirati dal brano “Mangiafuoco” di Edoardo Bennato e da “Tomorrow Never Knows” dei Beatles, “Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” vanta un inciso di ebow “3D” in binaurale da poter maggiormente apprezzare tramite l’ascolto in cuffia.

“Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” su YouTube

Summer fading (late love song)

Canzone che si interroga su cosa sia l’amore, e su come questo sentimento venga percepito e cambi durante gli anni che passano, da bambini ad adolescenti ad adulti, “Summer fading (late love song)” è un brano cangiante che, ad ogni fase della vita narrata dal testo fa corrispondere un arrangiamento diverso, pur restando un brano dalla classica forma strofa-ritornello-strofa (un po’ come accade in “Strawberry fields forever” dei Beatles). Si passa da un dream pop iniziale (infanzia) allo shoegaze con l’ingresso di batteria e basso (adolescenza), fino all’alternative rock dell’interludio e della parte finale (età adulta). Le influenze sono tanto da ricercare nei Muse quanto nei Pink Floyd e nei Radiohead.

“Summer fading (late love song)” su YouTube

Hypocrisy (it’s all I see)

In bilico fra momenti di calma e altri di tensione, “Hypocrisy (it’s all I see)” è un brano che potremmo accomunare ad alcune produzioni grunge più legate alla psichedelia, con un cantato a tratti violento e aggressivo, altre più delicato, sempre malinconico. La tematica è rivolta a come spesso, soprattutto negli ultimi tempi, vi sia una banalizzazione nell’affrontare ogni tematica sensibile relativa all’ecologia, all’integrazione, puntando il dito sempre nella direzione sbagliata, sempre a favore dello status quo, mai a criticare un sistema economico per cui io consumatore non voglio rinunciare a ciò che la società dei consumi mi ha insegnato a desiderare, anche se ciò che ho imparato a desiderare è proprio il motivo per cui le cose che critico (cambiamento climatico, sfruttamento del lavoro) avvengono.

What’s the topic of the day? (forget the rest)
feat. Alidavid

Con l’avvento di internet pensavamo (ci illudevamo che) ci sarebbe stata una pluralità dell’informazione che avrebbe portato a una maggiore consapevolezza, da parte di tutti. Con l’avvento dei social ogni tipo di voce contro il sistema è stata ammutolita, soffocata dal marasma di messaggi che giornalmente ci vengono propinati, e a cui pare bisogni essere attivamente partecipi, altrimenti ci si sente tagliati fuori dal dibattito. E così nascono topic giornalieri, usa-e-getta come tutti i prodotti della società dei consumi, in modo che si parli di tutto e di niente, senza mai andare a fondo alle questioni ma passando subito al prossimo tema di dibattito, dimenticandosi del precedente senza averlo risolto o quanto meno affrontato, in un continuo presente. “What’s the topic of the day? (forget the rest)” è pensata come una finta pubblicità, dove viene venduto (torniamo alla società dei consumi) un prodotto chiamato Topic Of The Day. Il tono è quello della propaganda degli anni ‘40, uno spoken word (magistralmente interpretato da Alidavid) con tanto di sottofondo bandistico, una melodia accogliente e rassicurante, a tratti esaltativa, per invogliare all’acquisto del prodotto.

Propaganda in my eyes, again (you’re erased)

Ancora grunge. Ma questa volta di quello sporco, di estrazione punk. Il grunge dei Mudhoney e dei Nirvana di “Bleach”. E se “What’s the topic of the day? (forget the rest)” puntava il dito su come tutti sentiamo il bisogno compulsivo di dover dire la nostra rispetto a qualsiasi argomento, pur non avendolo analizzato a fondo, “Propaganda in my eyes, again (you’re erased)” parla proprio di come dall’alto veniamo influenzati in tutto quello che diciamo e pensiamo di pensare, anche quando gli argomenti trattati sono di natura nobile: il potere ha imparato che censurare non serve a nulla, ma è molto più efficace portare il dibattito a livelli banali, in modo che ci sia la percezione diffusa che le persone, i politici, persino gli imprenditori, si interessino di determinate tematiche, ma mantenendo un perpetuo status quo garantito dal fatto che non si affrontino mai, realmente, le problematiche di cui si dibatte; dal fatto che non si punti mai il dito verso le reali cause che portano alle storture presenti nella nostra società.

“Propaganda in my eyes, again (you’re erased)” su YouTube

Something (you don’t need)
feat. Nobody

Canzone che miscela indie pop e dream pop con accenni alla dance e all’elettronica stile Daft Punk, “Something (you don’t need)” si sviluppa come un discorso a due voci dove la mia si intreccia con quella di Nobody, a volte attuando un gioco di risposte, altre armonizzando, altre accavallandoci a coprirci l’un l’altra, “costringendo” l’ascoltatore a decidere chi “seguire”: “The importance of words”. “Something (you don’t need)” è un altro brano dove al centro dell’attenzione c’è la società dei consumi e di come questa ci influenza, in questo caso rispetto allo spasmodico bisogno di dover apparire sempre fisicamente perfetti, in un perpetuo gioco dove il sottinteso è quello di infondere nelle persone l’idea malata di non essere mai all’altezza delle aspettative, in modo da infondere insicurezza negli individui. Del resto, non c’è miglior consumatore di una persona insicura, che colma le proprie insicurezze acquistando ciò che la società gli suggerisce possa migliorare il proprio status; senza tralasciare il fatto che una persona insicura sarà, in generale, più facilmente soggiogabile e controllabile, a tutti i livelli.

“Something (you don’t need)” su YouTube

Emotional (e)states

Brano strumentale composto tramite l’utilizzo di oscillatori sinusoidali, generatori di rumore bianco e filtri, per sintesi additiva e sottrattiva, “Emotional (e)states” prende spunto dalla elektronische musik e, in particolare, da alcuni lavori di Karlheinz Stockhausen. Brano in binaurale, pregno di suoni che si spostano spazialmente, è consigliato l’ascolto in cuffia per un’esperienza 3D.

Look out (consumerism will consume you)

Forse il più ambizioso dell’album, “Look out (consumerism will consume you)” è un brano che potremmo definire art rock. Vicino ai Radiohead più chitarristici, è la canzone che dà il titolo all’album (tratto dal verso “I don’t understand now and no more the importance of words”). Siamo su territori art rock, dove la melodia incontra il rumorismo, sempre guardando al rock psichedelico. Il testo, pregno di nonsense, vuole comunicare la confusione che si può creare nella mente in una persona quando accerchiato dai troppi stimoli (negativi) con cui la società dei consumi ci bombarda perennemente, fino alla perdita di senso delle parole, che porta all’incomunicabilità.

It’s propaganda time! (rejoice!)

Altro brano in binaurale, dove i suoni “attorniano” vorticosamente l’ascoltatore, “It’s propaganda time! (rejoice!)” è un brano di musica concreta ispirato ai lavori di Pierre Schaeffer. Legato al brano precedente che lo anticipa, come fossero un unico corpo, insieme anche al successivo “In the end (nothing matters)”, “It’s propaganda time! (rejoice!)” riprende il medesimo concetto espresso in “Look out (consumerism will consume you)”, dell’individuo bombardato da troppi messaggi coercitivi. Il brano è composto da jingle pubblicitari di aziende poco etiche, riprodotti in reverse, in un crescendo rumoristico che conduce all’ultimo brano dell’album.

In the end (nothing matters)

“You get confused, I know, when they are bombing you with so much shit”: con questa frase, “In the end (nothing matters)” chiude questo trittico di canzoni dedicate a come la società ci influenza e ci confonde, puntando alla nostra depersonalizzazione, alla nostra alienazione. E chiude anche l’album, con un brano corto e ossessivo, che ci riporta al rock psichedelico anni ‘60 dell’inizio, con una chitarra acustica ridondante e una voce ultra-effettata, fra leslie, filtri, riverberi, delay, vibe e phaser. Alla fine, nulla è importante.

LIBRI DA LEGGERE

Youcanprint self-publishing
  • Autore: Gloria Berloso
febbraio 10, 2024

“La linea rossa” – Gloria Berloso

“La linea rossa” è il mio quinto libro pubblicato da Youcanprint Editore

Autore: Gloria Berloso

Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze

Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi” di Bari

Dall’8 febbraio 2024 – distribuito qui e nelle librerie principali.

https://www.youcanprint.it/la-linea-rossa/b/f8bcdccf-d3a5-531b-9cc2-6984f0b8c426

Una narrazione avvincente che scava nella mente il ricordo e pone in primo piano il dolore della perdita, l’amore per la vita ed il desiderio di pace per tutti i popoli.

Un viaggio attraverso quello che fu un tempo notevole nel mondo della musica, vissuto dentro una storia d’amore con un musicista.

C’è un passaggio ad est
che non conosco
La linea rossa all’orizzonte
è nascosta nel fumo
Ci sono cuori ad est
che non battono più
Il sangue rosso sull’asfalto
è rimasto nella pioggia

Biografia e storia

Sono nata a Gorizia ed ho vissuto negli ultimi anni a Borgomasino, in Piemonte.

Per vera e pura passione organizzavo concerti fin dagli anni Ottanta in Friuli, che mi hanno permesso d’incontrare Ricky Mantoan nel 1998, iniziando una significativa collaborazione artistica per l’impegno dedicato alla musica in ogni sua espressione.

C’è un bel saggio recente di John Maxwell Coetzee, lo scrittore sudafricano Premio Nobel per la letteratura nel 2003, dal titolo Lavori di scavo in cui dice: “Chissà quali verità triestine Svevo non ci ha rivelato nelle sue pagine italiane”, cioè Svevo che con gli altri parlava in dialetto, per esempio con James Joyce parlava in triestino. Quindi Coetzee si chiede quali verità, quale eccedenza di senso c’è nella scrittura di Svevo che non è trapelata proprio perché la sua scrittura è abitata da questa estraneità. Il che non significa che Svevo non sia un grande scrittore, ma proprio il contrario è forse questa la sua grandezza. Quindi scrivere a Gorizia o a Trieste ieri come oggi, significa abitare questa propria costitutiva alterità. Se la lingua è la mia casa, è sentirsi vivere come straniero a casa propria. All’epoca di Carlo Michelstaedter questo aspetto del sentirsi vivere come straniero a casa propria doveva essere fervido di stimoli per l’immaginario perché l’Europa e la coscienza europeista dell’epoca lo permetteva, era autenticamente multiculturale. Oggi è diverso, tutta la Venezia Giulia per dirne una, è colonizzata dagli anglismi. Noi siamo gli stranieri più veri, quelli senza un luogo identificabile con certezza. Questo aspetto storico identificativo l’ho ereditato e lo sento addosso da sempre. Il nonno materno è nato Lantieri a Begliano, ha studiato a Vienna, parlava correttamente il tedesco e il russo, oltre l’italiano, il goriziano e il friulano. A casa con mia nonna Caterina e i cinque figli parlavano il friulano pur essendo la nonna probabilmente di origini slave essendo nata Devetag. Il loro atto di matrimonio è registrato nell’archivio vescovile di San Rocco a Gorizia. Il nonno paterno Silvio è nato Berloso a Cittadella in Veneto, la sua mamma Carolina (bisnonna mia) era una Allegro di Correggio (discendente – raccontavano – del noto pittore). La nonna paterna Silvia è nata De Petris a Veglia (Krk). Hanno vissuto entrambi e lavorato prima della guerra, a Pola. Tra loro parlavano il triestino o goriziano (forse l’istriano). Mio padre ha frequentato il collegio a Pola, lo stesso di Sergio Endrigo. Mio nonno dopo la guerra visse a Trieste, mia nonna e i due figli a Gorizia. A casa parlavano il goriziano. Io e mio fratello abbiamo sempre parlato in goriziano con i nostri genitori mentre mia madre, con i suoi fratelli, ha sempre parlato in friulano.

ottobre 25, 2023

Il sole lassù – Racconti e Poesie diventa libro – Il ricavato sarà devoluto a associazioni di volontariato

Nei mesi scorsi vi avevo inviato il libro in formato digitale in questo sito. Da oggi 25 ottobre 2023 il libro

Il sole lassù Racconti e Poesie

è acquistabile dall’editore Youcanprint tramite questo link

https://www.youcanprint.it/il-sole-lassu/b/8296166e-018b-5391-86c5-cf9ba2a4b0f5#=

e sarà disponibile in tutte gli store di libri on line oppure potete chiederlo al vostro libraio di fiducia.

Il ricavato dalla vendita verrà devoluto ad una associazione di volontariato.

Alcune copie saranno disponibili durante eventi, concerti, ecc.

Informazioni editoriali

Data di uscita 2023

Editore Youcanprint

Pagine 52

ISBN 9791222702711

Se desiderate contattarmi direttamente potete lasciare un messaggio in questo sito, inserendo la vostra e-mail. Sarà mia cura inviarvi il libro.

L’autore

Gloria Berloso

ottobre 8, 2023

Il delirio d’onnipotenza di un’intera epoca – Le canzoni di protesta e politiche – Quindicesima parte audio video

Grazie all’umile e privato uso della riproduzione domestica in cassetta, limpido e folgorante esempio di uso democratico, contro-culturale, della tecnologia, le canzoni di protesta e politiche, cominciarono a girare ovunque a decine e decine di migliaia di copie.

Vladimir Semyonovich Vysotsky 

“Le canzoni di protesta e politiche” raccontate da Gloria Berloso è un progetto culturale indipendente, senza scopo di lucro e gestito volontariamente senza percepire nulla in cambio. Il progetto è volto alla ricerca, allo studio e alla memoria di canzoni di protesta e politiche di tutto il mondo. I contenuti sono pubblicati sul sito YouTube, sono controllati accuratamente dietro copyleft e possono essere riprodotti se i proprietari lo consentono. Non sono rivolti ai bambini. Gli autori dei canti sono citati sempre e possono reclamare diritti sui testi qualora lo ritengano necessario. Nel caso di autore sconosciuto la denominazione può essere: anonimo o tramandato. La natura del progetto è di carattere storico culturale, assolutamente non commerciale. Tutti i canti presentati sono stati precedentemente pubblicati ed è degli autori la responsabilità del loro contenuto. Lo scopo del progetto è di raccontare le canzoni, la loro origine, il loro significato attraverso eventi storico politici, di guerra, di lotte operaie, studentesche, di genere, ecc.

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Autore: Gloria Berloso
ottobre 4, 2023

Prepara il letto per due – Le canzoni di protesta e politiche – Quattordicesima parte audio video

Cittadini del mondo cercano una terra senza confini. Il sogno è realtà

Mikis Theodorakis nel 1975

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Autore: Gloria Berloso

ottobre 3, 2023

Il significato vero di una canzone che si è dimenticato nel tempo – Le canzoni di protesta e politiche – Tredicesima parte audio video

Artisti disincantati dalla Depressione, che vivevano in mezzo alla povertà, alla disuguaglianza e all’ingiustizia, e che cercavano di usare la musica per dare voce e stare dalla parte degli impoveriti, degli oppressi e dei disorganizzati.

Leadbelly nel 1930

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Autore: Gloria Berloso

Dal 1984 promuove la cultura e l’insegnamento della storia della musica con concerti, libri, seminari, dibattiti, dischi, radio e video. Scrive poesie da sempre: alcune sono state pubblicate in una raccolta dedicata ai poeti contemporanei. Tutte le persone coinvolte in un progetto di diffusione artistica e culturale portano un messaggio di “crescita culturale”.

ottobre 1, 2023

La dura realtà della vita – Le canzoni di protesta e politiche – Undicesima parte audio video

Invece di uccidere, mi sono alzato e me ne sono andato

The Byrds – 1968

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Autore: Gloria Berloso
settembre 28, 2023

Gli atti vili di tutta nostra storia – Le canzoni di protesta e politiche – Decima parte audio video

La prigione non uccide ma lo fa la solitudine. Resistenza in prigione significa resistere a te stesso, proteggere la tua anima e la tua umanità da tutto quello che vedi e vivi ogni giornoSignifica cercare di non impazzire o morire lentamente per il fatto di essere stato rinchiuso e abbandonato in una stanza, dimenticato, senza sapere se e quando ne uscirai.

Shady Abash

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Autore: Gloria Berloso

settembre 22, 2023

Trasmettere la voce del popolo: Uguaglianza – Le canzoni di protesta e politiche – Ottava parte audio video

La violenza che la società industriale ed i suoi agglomerati urbani continuano ad esercitare contro i sentimenti di uomini e donne

Bob Marley

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Autore; Gloria Berloso