Sono trascorsi due anni da quella tragica sera del 10 dicembre 2016, quando Ricky accusò un malore. Vani sono stati tutti gli sforzi e il mio pronto intervento: Ricky non amava gli ospedali ma quella sera mi chiese di aiutarlo, mi scongiurò di non lasciarlo solo. Quando arrivò a Torino, la sua situazione clinica era già compromessa ma non cessò mai di guardarmi sorridendo. Era sereno, forse consapevole di ciò che sarebbe accaduto. Nei giorni seguenti io nutrii una forte speranza che si riprendesse. Avrei accettato qualsiasi situazione purché tornasse a casa con me ma Ricky forse nei momenti di lucidità, credo abbia capito che non avrebbe più potuto abbracciare le sue chitarre. La sua vita era nella musica, con la musica, nello studio con i suoi strumenti, i migliori e più fedeli compagni di tanti viaggi. L’ultimo lo fece con me, sempre al suo fianco. Nella notte tra il 13 e il 14 dicembre, nonostante la sua forza, quel cuore così amato cominciò a farsi sentire leggendo le strofe delle sue canzoni. Mi sfiorò le mani. Avevamo sognato insieme, mi chiese di portarlo via.
Parlare di un grande uomo e raccontare una storia importante non è facile, non riesco a trovare le parole adatte per comunicare ciò che il mio cuore sente giorno dopo giorno. Ogni pensiero non è mai all’altezza dell’amore grande che ho nutrito verso il mio compagno di vita e che, dopo la sua morte, continuo a coltivare. Quello che è dentro noi non può essere visibile se non all’anima che ci ha amato e che ci guarda senza più intervenire. Il tempo a volte scorre veloce, a volte si ferma per lasciarti ancora luce.
La sua luce la trovo ogni giorno e la notte non si spegne. Rimane dentro me per darmi la carica.
La scorsa notte leggevo il Dizionario della canzone italiana, l’unica e più importante opera dedicata alla canzone italiana da Curcio Editore. Renzo Arbore lo indica tra i più creativi musicisti italiani nella scheda a lui dedicata. Era il 1991, e di strada ne aveva già fatta tanta. Lo hanno fermato solo i problemi clinici per due volte. I medici gli consigliarono di non esibirsi più in concerti. Ma per Ricky la musica era tutto. Suonare le sue chitarre, speciali ed uniche forse per pochi ascoltatori, era la sua principale soddisfazione. Più tardi trovò una strada più chiara con l’arpa, fonte di grande ispirazione che ha dato seguito a meravigliose composizioni.
Ricky è per me Musica.
Lo sento attraverso il suono delle sue Chitarre e dell’Arpa che vibrano ogni volta al mio passaggio.
Chitarra d’argento sei sempre qui con me!
Gloria