LA MUSICA NELLA VITA MEDIEVALE
Il viaggio musicale nel passato
con
Ensemble Canavisium Moyen Age
di
Gloria Berloso
Durante il XVII secolo vengono introdotte diverse variazioni di accordatura; in Francia si impone verso la fine del secolo l’accordatura in “re minore”, con ordini gravi modificati a seconda della tonalità dei brani da eseguire
Liuto rinascimentale a sei ordini di corde
Liuto rinascimentale a 8 ordini
Liuto primo barocco a 10 ordiniLiuto barocco a 13 ordiniSi ha prova dell’esistenza di strumenti musicali del genere dei liuti sin dall’antico Egitto. Il liuto, come lo si conosce oggi (cassa armonica convessa a forma di pera costruita con doghe incollate) appare presumibilmente intorno al VI secolo in Asia Minore. Anzi è proprio il nome a tradirne l’origine: il termine “liuto” deriva infatti, attraverso varie forme (“lauto”, “leuto”…) dall’arabo al oud (i.e. “legno”). Gianfranco Lotti suggerisce che questo termine fosse derogativo perché ogni musica strumentale fu vietata nei primi secoli dell’Islam. Nel periodo di massima diffusione (sec. XVI), il liuto constava di 5 corde doppie più una, la più acuta, singola, accordate per terze o per quarte. Inoltre la necessità di disporre, negli ensemble di liuto, di strumenti a cui affidare le parti gravi dell’accompagnamento, portò allo sviluppo dell’arciliuto, di dimensioni più grandi e con un numero di corde maggiore. Come per molti strumenti musicali, il liuto cadde in disuso dapprima in Spagna, sostituito dalla vihuela, e poi nel resto del continente (sec. XVIII). La liuteria è l’arte della costruzione e del restauro di strumenti a corda ad arco (quali violini, violoncelli, viole, contrabbassi, ecc.) e a pizzico (chitarre, bassi, mandolini, ecc.). Il nome deriva dal liuto, strumento a pizzico molto usato fino all’epoca barocca. È un’arte e tecnica artigianale che, dall’epoca classica della liuteria (XVII, XVIII secolo), è giunta fino ai giorni nostri quasi immutata. Durante il Rinascimento, in Italia vi fu un gran fermento nell’attività liutaria. Famosa per le sue botteghe fu ed è anche oggi, la città di Cremona, che ospitò, tra le altre, le botteghe di Antonio Stradivari e Giuseppe Guarneri del Gesù, probabilmente i più grandi liutai della storia.
Nonostante il timbro ed il volume di suono del liuto non permettessero altro che esecuzioni cameristiche, le sue doti di maneggevolezza, la sua capacità di suonare accordi composti da più di tre note, il suo suono breve, particolarmente adatto nelle esecuzioni di musiche di danze e nell’accompagnamento del canto solista, fecero la fortuna e l’enorme popolarità di questo strumento. Si consideri inoltre, che molto spesso la musica per il liuto era scritta non sul pentagramma musicale o secondo le altre forme di notazione, ma su intavolature che riportavano segnate le corde dello strumento e il numero di capotasto da premere; ciò rendeva l’apprendimento ancora più semplice e intuitivo, anche da parte di un pubblico non particolarmente preparato in materia musicale.
Dall’Arabia il liuto fu portato, fra il XII ed il XIII secolo in Spagna e da qui nel resto d’Europa, dove lo strumento venne perfezionato sia nella tecnica costruttiva che in quella esecutiva (si abbandonò l’uso arabo del plettro per privilegiare l’esecuzione con le dita, più ricca ed espressiva).
Strumento musicale a corde pizzicate, con cassa armonica ovoidale; di origine orientale, fu importato in Europa durante il medioevo e raggiunse la massima diffusione nel XVI sec. La cassa del liuto, in origine ricavata da un unico blocco di legno, fu in seguito costruita con diversi listelli (da nove a quaranta circa), per ottenere una sonorità più dolce e più intensa. Il manico, corto e largo, si estende sullo stesso piano della tavola: a esso è fissato, ortogonalmente, il cavigliere a spatola. Una serie di legamenti di minugia divide il manico in otto o nove parti, dette tasti. Le corde sono generalmente sei, tutte doppie, a eccezione di quella più acuta (cantino). L’accordatura varia secondo il tempo e il luogo, ma rispetta in genere questa successione: due quarte, una terza maggiore, due quarte. Lo strumento era suonato con un plettro o anche, per ottenere maggiore morbidezza e fluidità d’esecuzione, con le dita nude. La musica per liuto era scritta con un particolare sistema detto intavolatura. Nel XVII secolo il numero delle corde basse aumentò; il liuto giunse così ad avere sino a undici corde. Si ebbero allora vere e proprie famiglie di liuti, variamente accordati; a causa dell’aumentato numero delle corde basse il manico dello strumento fu allungato e vi si aggiunse un secondo cavigliere superiore, cui erano fissate le corde gravi, suonate a vuoto. Questo strumento prese il nome di tiorba e, nelle sue varietà di maggiori dimensioni, quello di arciliuto e di chitarrone. Il repertorio della musica per liuto a noi pervenuta si estende dal 1507 (anno nel quale comparvero, a Venezia le prime intavolature dell’editore Petrucci) sino al 1770 circa. Il liuto occupò un posto di considerevole rilievo nella vita musicale, specie nel xvi sec., quando ebbe la stessa diffusione e la stessa versatilità d’impiego raggiunte nell’ottocento dal pianoforte. Le fonti cinquecentesche comprendono sia composizioni originali per lo strumento (danze, quali pavane, gagliarde, passamezzi, saltarelli; ricercari, fantasie, variazioni; preludi di carattere improvvisatorio), sia molte trascrizioni di brani vocali, profani e sacri. Nel XVII secolo la musica per liuto fu coltivata particolarmente in Francia e in Germania, mentre in Spagna e in Italia lo strumento cominciò a declinare, di fronte all’affermarsi della chitarra e del violino. Il repertorio comprende in questo periodo principalmente preludi e danze (allemande, correnti, sarabande, gighe, ecc.) composte prima separatamente e in seguito riunite in suites. Le personalità di maggior rilievo sono Denys Gaultier in Francia, Esaias Reusner in Germania. In questo paese il liuto ebbe cultori anche nel xviii sec.: tra essi emerge Silvius Leopold Weiss; J. S. Bach scrisse quattro suites, due preludi e due fughe per liuto; Haydn alcune Cassazioni.
Esistono oggi industrie produttrici di strumenti che affidano spesso la costruzione dei loro prodotti alla catena di montaggio, risparmiando notevolmente sui costi della produzione seriale e producendo così strumenti a basso prezzo. Ciononostante la liuteria, specialmente quella riguardante gli strumenti ad arco, rimane una delle poche arti a preservare la tradizionale lavorazione manuale per la produzione di strumenti ad alto livello.
Gli strumenti di liuteria hanno prezzi di norma notevolmente superiori rispetto a quelli di produzione industriale ma la qualità sonora e la finitura dello strumento artigianale sono di livello nettamente superiore. La produzione a mano permette inoltre varie personalizzazioni, impossibili nella produzione seriale. Gli strumenti di produzione industriale vengono generalmente usati solo nei primi anni di studio, non essendo possibile con essi riuscire ad eseguire adeguatamente brani impegnativi tecnicamente e musicalmente. In alcune città d’Europa, come Cremona in Italia, Granada in Spagna o Mirecourt in Francia la liuteria è un settore importante e tradizionale dell’economia locale.
Il Gittern
Il Gittern era uno strumento relativamente piccolo, che ha avuto origine intorno al XIII secolo ed è arrivato in Europa attraverso la Spagna moresca. Si tratta di un predecessore della chitarra, il Gittern esternamente somigliava alla Mandora, ed è stato un parente del liuto in quanto la sua schiena era analogamente arrotondata. Tuttavia, il Gittern era molto più piccolo e non esisteva una chiara divisione tra il corpo e il collo. Generalmente il suo corpo e il collo erano rappresentati da un unico pezzo di legno. Si tratta di uno strumento popolare usato dai menestrelli e musicisti dilettanti del XIV secolo. Poco dopo, la sua popolarità cominciò a svanire, dando luogo al più grande e suggestivo liuto.
Il Gittern solitamente era scolpito in un solo pezzo di legno. Raramente più tardi, nel XV secolo, la parte posteriore fu stata costruita con una serie di sottili nervature coniche in quanto era caratteristica del liuto. A differenza di un angolo acuto che unisce il corpo al collo nel liuto, il corpo del Gittern e il collo sono sempre uniti in una curva o una linea retta.
Il Gittern era spesso usato soprattutto nel XIV e XV secolo. Carlo V di Francia ne possiedeva uno d’avorio, mentre gli Este di Ferrara avevano l’onore di avere i maestri di Gittern. Il Gittern era molto apprezzato anche da musicisti dilettanti di ogni classe, grazie alla sua portabilità e la facilità di utilizzo. Chaucer menziona il Gittern diverse volte nei Racconti di Canterbury come strumento suonato nelle taverne.
Il Gittern fece la sua prima comparsa, come strumento musicale, a partire dal XII secolo e proveniva dai paesi arabi. Dal 1270 ca. la sua esistenza e la sua descrizione erano tramandate oralmente, fu raffigurato solo dopo il 1300 e quindi a quest’ultimo periodo risalgono le fonti scritte. Nel corso del XIV secolo, l’uso del Gittern aumentò costantemente. Il liuto fu messo in ombra dalla popolarità Gittern nel corso del XV secolo. Poco dopo tra i vari strumenti musicali comparve la viola-chitarra usata spesso insieme al Gittern, anche se quest’ultimo è stato gradualmente poi usato sempre meno. Nei secoli dell’era moderna, questo strumento non fu più usato se non occasionalmente, per alcuni eventi importanti.
Salterio
Il salterio è uno strumento musicale a corde simile all’arpa o alla cetra. Il salterio della Grecia antica (Epigonion) risale almeno al 2800 a.C., quando era usata come arpa. Etimologicamente la parola deriva dal greco antico ψαλτήριον (psaltérion) ovvero “strumento a corde, arpa”, e che dal verbo ψάλλω (psallo) significa “toccare bruscamente, cogliere, tirare” nel caso di corde di strumenti musicali “.
Lo strumento è di solito abbastanza piccolo da essere portatile, la sua forma e la gamma sono varie. È raffigurato in una serie di opere del periodo medievale.
Dulcimer o salterio martellato
Il salterio martellato è uno strumento musicale a corde con le corde tese su una tavola trapezoidale. In genere, il salterio martellato è impostato su un tavolo, in un angolo, prima che il musicista, che detiene martelli, martelli per colpire le corde. Dulcimer è una parola greco-romana che significa “dolce canto”, ma deriva dal latino dulcis (dolce) e il greco melos (canto). Il dulcimer è di origine incerta, ma la tradizione vuole che fu inventato in Iran (Persia) circa 2000 anni fa, terra in cui era invece chiamato santur.
Vari tipi di dulcimer sono tradizionalmente presenti nel Sudovest Asiatico, nella Cina e nel Sudest asiatico, in Europa centrale (Ungheria, Romania, Slovacchia, Polonia, Repubblica Ceca, Austria e Baviera) e orientale (Ucraina e Bielorussia). Lo strumento è inoltre usato molto in Gran Bretagna (Galles, East Anglia, Northumbria).
Il salterio martellato è disponibile in varie dimensioni, identificato dal numero di stringhe che si incrociano formando dei ponti. Le corde di un salterio martellato si trovano di solito in coppia, due corde per ogni nota (anche se alcuni strumenti hanno tre o quattro corde per nota). Ogni set di corde è accordato all’unisono e si chiama corso. Come nel caso di un pianoforte, al fine di utilizzare più corde per ogni corso è necessario rendere lo strumento più forte, anche se i corsi sono raramente in perfetta sintonia. Un salterio martellato, come un’arpa, un pianoforte richiede una chiave di ottimizzazione per intonarlo. Le corde del salterio martellato spesso sono sintonizzate diatonicamente.
La lira bizantina
La lira bizantina (in latino: lira, greco: λύρα, Turco: Rum Kemence), era uno strumento musicale ad arco a corda medievale nell’impero bizantino ed è un antenato dei moderni strumenti ad arco, tra cui il violino. Nella sua forma più popolare è stato uno strumento a forma di pera, con 3 o 5 corde, tenuto in posizione verticale. Resti di due esempi concreti di Lira bizantina dal medioevo sono stati trovati durante gli scavi a Novgorod; uno datato al 1190 d.C. La prima rappresentazione conosciuta di questo strumento consiste in un cofanetto bizantino in avorio (900 – 1100 d.C.), conservata nel Palazzo del Podestà a Firenze (Museo Nazionale, Firenze, Coll. Carrand, No.26).
Il primo riferimento scritto alla Lira ad arco è del IX secolo del geografo persiano Ibn Khurradadhbih († 911), nella sua discussione sugli strumenti, ha citato la lira (lura) come strumento tipico dei Bizantini con la urghun (organo), shilyani (probabilmente un tipo di arpa o lira) e la salandj (probabilmente una cornamusa). La lira si diffuse attraverso le vie commerciali bizantine che collegavano i tre continenti, nei secoli XI e XII, gli scrittori europei utilizzavano i termini violino e lira trattandoli come sinonimi quando si parlava di strumenti ad arco. Nel frattempo, il rabàb, lo strumento ad arco del mondo arabo, fu introdotto in Europa, eventualmente attraverso la penisola iberica ed entrambi gli strumenti si diffusero in tutta Europa, dando vita a vari strumenti europei ad arco come la ribeca medievale, la scandinava e islandese, e il crwth celtico. Un esempio rilevante è la lira da braccio italiana.
Dal punto di vista organologico, la Lira bizantina è in realtà uno strumento appartenente alla famiglia dei liuti ad arco, ma la designazione di Lira (in greco: λύρα) può costituire una sopravvivenza terminologica relativa al metodo di esecuzione di uno strumento greco antico. La lira bizantina è talvolta chiamata informalmente “violino medievale”.
La lira
La lira è uno strumento musicale a corde, noto fino dall’antichità greca classica; i poeti recitavano accompagnati da essa. Non deve essere confusa con la cetra. Lo strumento è formato da due braccia unite da una traversa, che formano una specie di giogo; le corde sono tese nello spazio interno alle due braccia, e tese sulla traversa.
Per la mitologia greca l’inventore della lira fu Hermes. Un giorno il dio trovò all’interno della grotta una tartaruga. Dopo averla uccisa, prese il carapace, e tese al suo interno sette corde di budello di pecora, costruendo così la prima lira. Hermes la regalò poi ad Apollo, e questi al figlio Orfeo. In epoca classica, la lira era in effetti associata alle virtù apollinee di moderazione ed equilibrio, in contrapposizione al flauto, legato a Dioniso e che rappresentava estasi e celebrazione. Non è noto dove sia nato lo strumento: sicuramente è stato importato in Grecia in epoca preclassica. Come luoghi di nascita, sono stati proposte località nell’Europa meridionale, Asia occidentale e nord Africa. Ancora oggi la lira viene suonata in alcune zone dell’Africa nordorientale.
Ghironda
La ghironda (o gironda, in francese vielle à roue, in inglese hurdy gurdy) è uno strumento musicale a corde di origine medievale. Oggi è possibile ascoltare la ghironda in alcuni festival europei di musica folk, suonata spesso insieme a cornamuse, in particolare in Francia e in Ungheria. Il più famoso festival annuale è a Saint-Chartier, nella Francia centrale.
La prima testimonianza conosciuta è l’organistrum, un enorme cordofono utilizzato nel periodo gotico in ambito monastico per insegnare musica ed eseguire brani sacri. L’essere uno strumento polifonico ne ha probabilmente ispirato il nome, che deriverebbe quindi dal termine organum.
Una delle prime raffigurazioni dell’organistrum si trova nel portico della Gloria della cattedrale di Santiago de Compostela (XII secolo): si può notare come lo strumento, a forma di violino, sia di grandi dimensioni (anche 2 metri di lunghezza) e sia suonato contemporaneamente da due persone, di cui una addetta esclusivamente a ruotare la manovella.
Attorno al XIII secolo lo strumento, le cui dimensioni sono notevolmente ridotte, prende il nome di sinfonia (in francese chifonie): anche questo appellativo è probabilmente derivato dalla caratteristica polifonia dello strumento.
La sinfonia è suonata da un solo strumentista e viene utilizzata dai menestrelli per accompagnare danze e chansons de geste; in breve la sua popolarità ne allarga l’uso a processioni religiose e mystery plays. L’associazione, che si consolida nei secoli, con menestrelli, vagabondi e mendicanti (spesso ciechi, infatti era soprannominata “viola da orbi”) fa di questo strumento simbolo, alternativamente, di rusticità, ignobiltà, immoralità, povertà.
Alla base del funzionamento dello strumento c’è una ruota di legno, coperta di pece e azionata da una manovella, che sfrega le varie corde: i cantini, i bordoni e la trompette. I cantini, solitamente due posti nella parte centrale dello strumento, sono controllati da una tastiera cromatica e realizzano la melodia. I bordoni, posti vicino al piano armonico, producono un suono continuo: di solito la tonica ma a volte si usa la dominante. La corda della trompette, poggiando su un ponticello mobile detto anche «chien» (cane), produce invece un caratteristico suono ronzante. Tramite la complessa tecnica dei colpi di manovella, che sollecitano la corda della trompette, è possibile realizzare delle formule di accompagnamento ritmico (colpi di due, di tre o di quattro, regolari o irregolari).
L’Arpa
L’arpa è uno strumento musicale cordofono a pizzico.
Esistono vari tipi di arpe. Per quello che riguarda la musica popolare e tradizionale, molte culture e geografie hanno tra i propri strumenti qualche variante di arpa: si ha così l’arpa celtica, le varie arpe africane, indiane, ed altre ancora.
In ambito occidentale, il termine arpa non altrimenti specificato si riferisce quasi sempre all’ arpa da concerto a pedali, della quale esistono varianti acustiche ed elettriche.
L’arpa da concerto a pedali è dotata di 47 corde tese tra la cassa di risonanza e una mensola detta “modiglione”, con un’estensione di 6 ottave e mezza e intonato in do bemolle maggiore. I suoni estranei a questa tonalità si possono ottenere agendo su 7 pedali a doppia tacca; ogni corda è in grado di produrre tre note diverse ed è possibile costruire una scala cromatica.
L’arpa ha un’origine antichissima: deriva dal cosiddetto arco musicale. I primi ad avere in uso l’arpa furono gli Egiziani circa nel 3000 a.C. Le raffigurazioni sui monumenti risalenti all’Antico Regno, descrivono strumenti di media grandezza, alti circa un metro, forniti di sei o otto corde, formati grazie ad un fusto di legno arcuato, aventi l’estremità inferiore a forma di losanga, parzialmente concava e convessa; il suonatore appare accosciato o inginocchiato.[1] Nelle epoche successive, ad esempio nel Medio Regno, lo strumento assume dimensioni più grandi ed il suonatore viene raffigurato in piedi, la cassa sonora appare più ampia ed anche il numero di corde sale fino a venti.
Se ne conserva un esemplare che è stato datato circa al 2700 a.C. ritrovato a Ur (nell’odierno Iraq) da sir Leonard Woolley. L’arpa di cui parliamo era curvilinea e viene ancora costruita in Africa.
Presso gli Egiziani e gli Assiri venivano costruite arpe di varia foggia ed aventi un numero tra loro differente di corde (sembra che se ne avessero fino a 22).
L’uso dell’arpa probabilmente era anche conosciuto dal popolo ebraico mentre fu disdegnato dai Greci e dai Romani a tutto vantaggio della lira e della cetra.
L’arpa ricomparve in Europa, durante il IV secolo, presso le popolazioni nordiche (in particolare irlandesi ed anglosassoni) e da lì si diffuse nel resto del continente dove venne particolarmente usata nel genere musicale del Minnesang nel XII secolo. Dal IX secolo al XIV secolo l’arpa in Irlanda fu usata dai cantori girovaghi.
L’arpa divenne molto comune nel XIV secolo come accompagnamento per i canti o le danze.
Michael Praetorius, verso la fine del XV secolo, descrive i tre tipo di archi diffusi al suo tempo: l’arpa comune, di 24 corde avente un’estensione da fa a la; l’arpa irlandese, di 43 corde da do a mi; e l’arpa doppia, di otto ottave.
Questo strumento ha subito notevoli modifiche nell’arco dei secoli e, a partire dal 1607, dopo che Monteverdi la utilizzò nell’Orfeo, fu accolta nell’orchestra. Proprio in questo secolo furono effettuati vari tentativi per perfezionare il meccanismo dell’arpa. Dapprima fu fatto il tentativo di ridurre le arpe a due tipi di accordature; Antonio Stachio aggiunse cinque corde per ciascuna ottava e quindi estese la gamma dell’arpa a sei ottave più due note. Patrini realizzò una arpa doppia, in cui una fila di corde emetteva i toni della scala diatonica, mentre l’altra i semitoni intermedi. Solamente nel 1720, il costuttore bavarese Hochbrucker inserì i pedali, prima quattro e poi sette, azionanti una serie di leve collegati ai piroli delle corde; alla pressione del pedale corrispondeva una maggiore tensione della corda, equivalente al rialzo di un semitono.
Con l’aggiunta di varie modifiche tecniche l’arpa conquistò secoli e paesi. In Francia la scuola d’arpa fu particolarmente brillante nella seconda metà del XVIII secolo dove furono fabbricate arpe decorate in modo sfarzoso, alcune delle quali sono ancora conservate presso il Museo del Conservatorio di Parigi, il Museo della Scienza e della Tecnica di Monaco, il Museo dell’arpa Victor Salvi di Piasco (CN). Furono due liutai parigini, i Cousineau, nel 1760, a perfezionare il meccanismo dei pedali, applicando il sistema a uncinetto, che si rivelò molto più pratico dei precedenti e che si basava sull’azione del pedale su un tirante, che tramite una serie di leve esercitava una azione di attrazione sugli uncinetti e grazie a questi ultimi la corda veniva trascinata sui capotasti supplementari.
Fine seconda parte
Note e bibliografia riportate nell’ultima parte.
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