RICKY MANTOAN si racconta in una intervista di Giulio Bianchi

Ricky Mantoan (1945-2016), si racconta in una intervista di Giulio Bianchi fatta a Olgiate Comasco nel settembre del 1990. Il materiale storico è stato raccolto da Gloria Berloso in memoria di Giulio, recentemente scomparso.


Ho iniziato a fare musica come componente di vari gruppi che si esibivano nelle sale da ballo. Negli anni ’64-’65 mi ispiravo al sound di chitarristi americani come Doc Watson e specialmente Duane Eddy. Più tardi ho iniziato a suonare brani dei Byrds, a tutt’oggi la mia principale influenza, giungendo nei primi anni ’70 a proporre del rock psichedelico sul modello dei Grateful Dead. A quel tempo ero un caso particolare perché allora nelle balere veniva richiesta esclusivamente musica italiana, mentre io eseguivo un repertorio totalmente cantato in inglese e costituito da country e rock californiano; i generi che interpreto ancor oggi. Più tardi mi sono stancato di esibirmi in quel tipo di locali per un pubblico che ascoltava la musica solo per ballare senza prestare attenzione ai contenuti della stessa. Così ho iniziato a trovarmi la domenica con degli amici per suonare a puro scopo di divertimento le canzoni che amavo. Da questa esperienza è nato un gruppo di nove elementi, il “Branco Selvaggio”, le cui prime esibizioni ad Ivrea hanno ottenuto un’eco positiva sulla stampa specializzata. Da allora ha avuto inizio un periodo d’intensa attività concertistica culminato nel ’79 con le apparizioni ai festival blues di Milano e a quello folk di Nyon, nella serata che ha visto protagonisti i Fairport Convention. Purtroppo alla fine del 79 il gruppo si è sciolto in quanto ci siamo resi conto che per continuare a certi livelli dovevamo superare le nostre carenze tecniche con un’applicazione costante e d’altra parte non tutti tra noi erano disposti ad intraprendere la carriera professionistica. Io invece ho lasciato la mia attività di tecnico sui computer per dedicarmi interamente alla musica.
È stato il tipico caso della vita che nell’80, un critico musicale abbia fatto ascoltare le registrazioni di alcuni concerti della mia band ai componenti dei Burrito Bros, all’epoca in tournée in Italia. Loro sono rimasti sorpresi nel sentire degli italiani suonare la loro musica. Ricordo che Sneaky Pete Kleinow e Skip Battin, rispettivamente chitarrista e bassista del gruppo, hanno voluto conoscermi. Da allora è iniziato un sodalizio che dura tutt’ora e che mi ha consentito di entrare in pratica nella loro famiglia e conseguentemente nel giro del country rock americano. Skip Battin, addirittura, ha cercato in seguito di convincermi a trasferirmi negli USA, dove avrei trovato un ambiente più ricettivo nei confronti della mia musica. 

Tra i grandi nomi del country con cui ho legato più di tutti sotto l’aspetto musicale ma anche umano è sicuramente Skip Battin in quanto, oltre ad essere un grande professionista è anche un vero signore con delle grosse doti umane. Onestamente devo ammettere che prima di conoscerlo non apprezzavo il suo stile musicale, mentre in seguito, collaborando con lui, sono rimasto stupito della sua vastissima cultura maturata in anni e anni di carriera. Non scordiamo che prima di entrare nei Byrds e nei Burrito Bros egli ha inciso una ventina di 45 giri di successo in California. Oltre a Skip mi ha colpito molto John York, un bassista e cantante eccezionale, con il quale ho una notevole affinità di carattere e di interessi musicali. Ma anche gli altri artisti che ho accompagnato in Tournée, da Greg Harris, di cui apprezzo le eccellenti doti di strumentista, a Roger McGuinn, che pure è considerato assai introverso. Sono come te li immagini ascoltando le loro splendide canzoni: delle persone così umili e disponibili che incontrandoli ho avuto l’impressione di avere a che fare con i ragazzi della mia band. Lo stesso non vale purtroppo per la maggior parte dei musicisti italiani, i cui atteggiamenti divistici sono spesso inversamente proporzionali al loro effettivo valore.
Nell’84 sono stato chiamato a suonare a Brescia con i Peace Seekers, un gruppo formato da alcuni ex componenti dei Byrds ed è stato un fulmine a ciel sereno, un evento assolutamente non preventivato. Mi sono trovato improvvisamente a suonare come fossi in un sogno e per di più dei brani come Eight Miles High che non avevo mai eseguito ma solo ascoltato sul vinile. Chiudendo gli occhi mi sembrava di non essere sul palco ma di ascoltare un disco tanto il sound era perfetto ed è stato meraviglioso trovare un’intesa spontanea con gli altri quasi suonassimo insieme da sempre. E dire che sono stato coinvolto nello show solo al momento delle prove, quando Skip Battin mi ha chiamato nel retropalco e mi ha presentato Roger McGuinn, il leader del gruppo. Questi mi ha informato che il concerto rischiava di saltare per l’improvvisa indisponibilità del chitarrista e mi ha quindi proposto di sostituirlo. Io ero molto imbarazzato perché Mc Guinn è per me un mito, ma poi mi sono rinfrancato per la fiducia che l’artista mi ha subito accordato. Durante il concerto eravamo fianco a fianco sul palco e nei momenti riservati ai miei interventi solistici, Roger mi lanciava delle occhiate d’intesa e mi faceva poi i complimenti. Dopo una decina di brani, i compagni mi hanno fatto una sorpresa, annunciando che avrei cantato “Hickory Wind”, una ballata che amo molto. Essendo assai emotivo, ho intonatola la prima strofa con voce tremante. Quella sera sul palco c’era una sorta di magia che si è creata miracolosamente in quanto erano ben tredici anni che i componenti dei Byrds non suonavano assieme. Eppure sono bastati i pochi minuti delle prove perché si ricostituisse l’intesa di un tempo. McGuinn proponeva il brano da eseguire ed iniziava a suonarlo mentre gli altri lo seguivano con un sincronismo perfetto, come mossi da un riflesso condizionato.



In tanti anni di carriera, volendo essere ipocrita potrei addossare la colpa alle case discografiche poco interessate a promuovere proposte musicali scarsamente commerciali come la mia ma ciò corrisponde solo in parte alla realtà. La verità è che ho due difetti: sono molto pigro e sono incapace per abito mentale di supplicare gli addetti ai lavori per procurarmi delle opportunità in tal senso, assoggettandomi magari a compromessi. Io suono la mia musica per coloro che la amano e poi se qualche discografico si fa avanti per propormi di incidere ne sono ben lieto. Del resto la mia produzione non risulta così limitata se sommiamo ai dischi pubblicati a mio nome gli albums dei cantautori Luigi Grechi e Wayne Tucker, della formazione country Red Wine e della rock band Out of Time alla cui realizzazione ho collaborato.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: