Brian Jones, Al Wilson, Jimi Hendrix, Janis Joplin oppure Jim Morrison sono considerati vittime colpevoli agli occhi della Verità. L’autenticità delle lacrime, la forza del rimpianto vengono così rapidamente vendute alla gente che sarà fatto credere che i discepoli di questa musica “sporca” sono doppiamente responsabili di incoraggiare i loro idoli approvandoli. I maggiori quotidiani, soddisfatti del loro lavoro minatorio, si attengono in genere a questo. La cosiddetta stampa specializzata continua spesso, involontariamente ma altrettanto efficacemente, a sezionare le complesse e uniche caratteristiche di questo nuovo immortale, con moltissimi riferimenti astrologici o cabalistici (le iniziali degli scomparsi), mentre lo showbiz inizia la sua campagna di ristampe inedite.
Meno spettacolare ma altrettanto tragica la morte accidentale di Clarence White.
Probabilmente sapevate che Clarence aveva riformato i Kentucky Colonels con i suoi due fratelli Eric e Roland e l’ex membro della Country Gazette Alan Mundy. White è stato investito e ucciso all’istante da un’auto che si è schiantata contro il camion che stava ricaricando dopo un concerto. Suo fratello minore è rimasto gravemente ferito nell’incidente, ed è stato ancora più tragico per l’assurda banalità dell’incidente.
Clarence White aveva ventinove anni, ha lasciato dietro di sé una moglie troppo sensibile e due promettenti figli, il maggiore dei quali stava imparando a suonare la chitarra e il pianoforte. Il suo nome, il suo luogo di nascita a Lewistown, New England, e il padre canadese sono sufficienti per tratteggiare la sua personalità. Chiunque lo conoscesse o gli si avvicinasse vi dirà che era una persona piuttosto simpatica, non molto loquace ma ferma e precisa come il suo modo di suonare la chitarra. Sul palco, eravamo abituati alla sua piccola statura sormontata da un volto scuro e impassibile che contrastava con il suo eterno abito bianco. Solo i suoi occhietti luminosi dicevano abbastanza sul suo ruolo nei Byrds; una posizione che lasciava poco da temere al loro leader.
Tutta la famiglia di Clarence (che ricorda gli Everly Bros) era composta da musicisti, fino a quando suo zio gli insegnò la chitarra all’età di sei anni. Solo quattro anni dopo, si unì alla sua prima band formata con i suoi due fratelli, i Three Little Country Boys, che divennero i Kentucky Colonels quando Clarence aveva sei anni. White ha poi raggiunto il suo amico Gene Parsons a Cajun Gib & Gene dal 65/66 al 68. Parsons suona il banjo e Guilbeau il violino. Alla fine del ’68, ha formato Nashville West per alcuni mesi prima di unirsi definitivamente ai Byrds. Questo gruppo comprendeva Wayne Moore (basso) e Sneaky Pete Kleinow (Pedal Steel Guitar). Questi diversi palcoscenici sono durati solo grazie al piacere che i musicisti hanno avuto nel suonare insieme, in quanto si sono guadagnati da vivere solo in studio. Clarence non è sfuggito alla regola ed è diventato un musicista molto ricercato dal 65 al 68, accompagnando Pat Boone, Ricky Nelson, The Monkees, Gene Clark, Linda Ronstadt, Arlo Guthrie, poi Joe Cocker, Rita Coolidge, i Burritos e Randy Newman (il famoso Twelve Songs con Ry Cooder) quando era già Byrd a pieno titolo. Ha avuto anche il tempo di registrare il suo primo album da solista per Backersfield International nel 67, dopo aver rifiutato le offerte di Vanguard e Folkways. È vero che i suoi guadagni superavano già i sessantamila dollari all’anno. È Chris Hillman, anch’egli ex bluegrass, a presentargli Jim McGuinn e le sue prime sessions per i Byrds inizieranno alla fine del 66 con Younger Than Yan Yesterday (uscito nel febbraio del 67) poi Notorius Byrd Bros (gennaio del 68) in cui non gli viene accreditato ma, dettaglio interessante sull’evoluzione del gruppo come il suo, suona il dobro. “Sweetheart of the Rodeo” (agosto 68) mostra il suo indispensabile posto al fianco di McGuinn, al quale si unisce infine alla fine dell’anno per incidere Dr. Byrds & Mr Hyde (marzo 69), che finalmente rivela la gamma coerente della sua personalità musicale e la sua sorprendente complementarietà telepatica con la chitarra di McGuinn. Le ultime quattro registrazioni dei Byrds culmineranno in “Untlited” (settembre 70) dove compone Nashville West e suona il mandolino.
Un altro pioniere dunque della Fender-Telecaster, Clarence White avrebbe potuto diventare uno dei più grandi chitarristi di oggi, non aveva ancora chiuso il cerchio riformando i Kentucky Colonels. Allo stesso tempo, Roger McGuinn ha riunito i Byrds originali con più ambizioni commerciali di Clarence, la cui modestia gli è costata la vita, poiché stava facendo il lavoro di un road manager quando è stato ucciso. Questa semplicità del musicista non esclude l’orgoglio, e questo gli è valso un ultimo litigio con McGuinn dopo la partenza di Gene Parsons e Skip Battin. Nel dicembre del 71, White aveva dichiarato che la formula di allora (settembre 69 – settembre 72) poteva essere modificata solo dalla fine permanente dei Byrds. McGuinn aveva già assunto John Guerin e poi Chris Ethridge che Clarence si rifiutava di considerare come Byrds, dopo tre anni di evoluzione con gli stessi musicisti. Hanno quindi deciso di sciogliere la formula dell’ottavo gruppo. I New Kentucky Colonels sono stati presentati in Europa e la malinconia di uno stile solitamente così piacevole ha mostrato il disgusto di White per la musica resa artificiale dalla posta in gioco di cui era oggetto.
Grande ammiratore di James Burton da cui trasse ispirazione dagli esordi (ovvero la tecnica sviluppata dalle tre corde del banjo che posizionano le attuali corde filettate), Clarence White era un chitarrista più completo di quanto le sue origini suggerissero. I suoi assoli erano precisi contro-canti con abbellimenti armonici sovrapposti a melodie vocali esistenti o immaginarie. Le sue note sulle corde erano sempre meticolosamente allineate ai tempi di Gene Parsons che la loro lunga esperienza comune rendeva particolarmente efficaci nelle accelerazioni generalmente successive alle mezze interruzioni di cui Clarence era il precursore dei Byrds. Il chitarrista era quindi davvero a immagine dell’uomo; diverso dagli altri, un po ‘chiuso su se stesso, agendo con classe e una sicurezza che non lasciava nulla di incompiuto.
I suoi ultimi piani erano quasi completi quando partì per il suo ultimo tour: un secondo album solista, questa volta per la Warner Bros, e un altro in associazione con Richard Green, quel meraviglioso violinista che faceva parte dei Seatrain.
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Gloria Berloso